Ciao readers, oggi Raffaella vi parla di Silfrida, la schiava di Roma, un romanzo storico magistrale creato dalla penna di Isabel Greenwood, pseudonimo di Giovanna Barbieri. Siamo nel regno di Teodosio, periodo in cui il cristianesimo diventa la religione unica e obbligatoria dell'intero Impero romano. Alarico I, uno dei capi goti emergenti partecipa alla campagna che Teodosio conduce nel 394 d.C. contro il rivale Eugenio, l'usurpatore del trono imperiale. Silfrida è una giovane gota, figlia di Alarico, venduta come schiava dagli usurpatori dell'Impero di Teodosio e adottata da una coppia romana di Verona. Silfrida gestisce insieme al fratello Tullio una taverna a Verona sulla Via Postumia. L'inaspettato ritrovamento del padre Alarico, capo dei goti stravolgerà e ribalterà le sorti della sua vita. E la partenza per un viaggio difficoltoso e pieno di insidie per riabbracciare il suo perduto padre e il suo popolo insieme all'affascinante e valoroso guerriero goto Ghiveric, le farà conoscere l'amore e i suoi ostacoli. Quale sorte le riserverà il destino?
TITOLO: Silfrida, la schiava di Roma
SERIE: autoconclusivo
AUTORE: Isabel Greenwood
DATA D’USCITA: 14 Marzo 2017
EDITORE: Delos Digital
GENERE: storico
NARRAZIONE: narratore esterno in terza persona
AMBIENTAZIONE: Impero romano
CATEGORIA: seconde possibilità
FINALE: no cliffhanger
COPPIA: Silfrida, giovane gota venduta come schiava; Ghiveric, giovane e valoroso guerriero goto.
SINOSSI
Nessuno l'ha mai guardata in quel modo, mai desiderata tanto. Perché lui è l'unico uomo che potrà mai amare.
Silfrida è una giovane donna Gota, venduta come schiava dagli usurpatori dell'imperatore Teodosio e poi adottata da una coppia di romani che abita nei pressi di Verona, sulla via Postumia. È timida e timorosa, la evitano tutti a causa della sua origine barbara, ma il Fato è in agguato e la sua vita verrà sconvolta per sempre. Il padre che credeva perduto è il temibile Alarico, a capo dell'orda di barbari che invade il nord Italia. Partirà alla sua ricerca accompagnata da Ghiveric, un giovane e valoroso guerriero goto. Ma i legionari romani sono sulle loro tracce, la battaglia del Tanaro incombe. Riusciranno i due giovani a coronare il loro sogno d'amore e ritrovare Alarico?
RECENSIONE
Quando l'affascinante lingua latina incontra la celebrazione dell'amore in ogni sua forma e delle gesta dei popoli antichi, si crea un connubio magistrale, un incastro perfetto di storia e sentimento. Isabel Greenwood narra in modo impeccabile uno spaccato della nostra storia, quella dell'Impero romanzo del 394 d.C., la approfondisce inserendo punti di forza e debolezze dei popoli combattenti e ne dà vita.
Siamo negli anni del regno di Teodosio 379-395 d.C., l'imperatore romano che nel 380 promulga insieme agli altri due augusti, Graziano e Valentiniano II, l'editto di Tessalonica con il quale il cristianesimo diventa la religione unica e obbligatoria dell'intero Impero romano e condanna con pene ed esecuzioni chi pratica culti pagani. Nello stesso anno però i Goti, popolazione nomade denominata barbara e occupante la regione dei Balcani, cominciarono ad effettuare scorrerie e razzie tanto che Graziano rinuncia al controllo delle province illiriche, consentendo a Teodosio di portare avanti delle operazioni militari. Un motivo di grave debolezza degli eserciti romani del tempo era legato alla pratica di arruolare contingenti fra le popolazioni barbare e farli combattere contro altri barbari, spesso etnicamente affini. Nel 382 venne stipulato con i Goti stessi, o perlomeno con quelli che erano scampati alla guerra, un trattato che li autorizzava a stanziarsi lungo il corso del Danubio, che allora costituiva il confine dell'impero, e più precisamente nella Tracia, e di godervi un'ampia autonomia. Negli ultimi anni del regno di Teodosio uno dei capi goti emergenti, Alarico I, partecipò alla campagna che Teodosio condusse nel 394 contro il rivale Eugenio, l'usurpatore del trono imperiale, per poi rivoltarsi contro Arcadio, figlio di Teodosio e suo successore in Oriente, subito dopo la morte dello stesso Teodosio. Ed è proprio con Alarico che si colloca la storia di Silfrida.
Silfrida è una giovane gota venduta come schiava dagli usurpatori dell'Impero di Teodosio e adottata da una coppia romana di Verona. Silfrida è il simbolo di due popoli, divisa fra la cultura romana impostale e quella gota che vorrebbe ritrovare e abbracciare. E' una donna riservata e diffidente e a causa della sua bellezza innocente e pura e all'appartenenza al popolo goto, viene schivata da tutti.
La sua bellezza naturale è oggetto di fantasie erotiche da parte degli uomini e le donne la temono e la schivano per la sua influenza sui propri mariti. Nonostante i pregiudizi e i malvagi pensieri additati dalla gente romana, Silfrida gestisce una taverna di Verona, sulla Via Postumia preparando pasti e accogliendo i clienti insieme a suo fratello Tullio. Ma il destino le riserva una vita diversa.
L'inaspettato ritrovamento del padre Alarico, capo dei goti stravolgerà e ribalterà le sorti della sua vita. E la partenza per un viaggio difficoltoso e pieno di insidie per riabbracciare il suo perduto padre e il suo popolo insieme a Ghiveric, un valore guerriero goto le farà conoscere l'amore e i suoi ostacoli. Ed è proprio quel viaggio avventuroso di sopravvivenza e forza che le farà conoscere il mondo, le farà apprendere il vero volto del nemico e il coraggio per combatterlo e sconfiggerlo. Un nemico incombe alle loro spalle, un nemico pronto a dividerli e ad appropriarsi di Silfrida.
Con destrezza e perfezione Isabel Greenwood conferisce ad una storia complessa e magistrale, ingredienti forti e differenti sfaccettature di uno spaccato storico spinoso, capaci di travolgere il lettore. Isabel sa essere spietata e cruda nelle battaglie quanto dolce e romantica nelle brevi scene erotiche e piene d'amore in cui vengono esaltati i sentimenti.
Non è una storia facile da trattare, non è una storia che forse molti sapranno apprezzare, in particolare per la narrazione del periodo storico e per l'utilizzo di termini latini che impreziosiscono la storia ed elevano la conoscenza e lo studio approfondito dell'autrice.
La narrazione degli scontri e delle battaglie, gli usi e costumi dei popoli, le lunghissime traversate dei popoli attraverso territori insidiosi per trarre in inganno il nemico e sconfiggerlo, le razzie per la propria sopravvivenza e la condizione della donna del tempo mi hanno incantato e appassionato. Le ragioni di un guerra sono sempre complicate da comprendere. I conflitti armati derivano sempre da interessi economici, ideologici e politici. La guerra non risparmia nessuno, distrugge i più deboli, vite innocenti che vengono private di futuro, la guerra non ha regole ma solo coraggio e forza di sopravvivere e vincere.
L'avventura di Silfrida e Ghiveric è un intreccio intarsiato nei minimi dettagli: speranza e amore, passione e forza d'animo sullo sfondo di un conflitto sanguinoso, di violenze e assalti.
L'amore è potenza e vita, è un'energia che seppur ci fa paura e ci rende deboli è l'unico sentimento a renderci immortali e a darci una ragione per cui combattere.
Porgo i miei più sentiti complimenti all'autrice, per la creazione di un romanzo storico scorrevole e appassionante.
Consigliato a chi ama la storia e le guerre, proprio come le amo io. Leggetelo, non vi deluderà!
Siamo negli anni del regno di Teodosio 379-395 d.C., l'imperatore romano che nel 380 promulga insieme agli altri due augusti, Graziano e Valentiniano II, l'editto di Tessalonica con il quale il cristianesimo diventa la religione unica e obbligatoria dell'intero Impero romano e condanna con pene ed esecuzioni chi pratica culti pagani. Nello stesso anno però i Goti, popolazione nomade denominata barbara e occupante la regione dei Balcani, cominciarono ad effettuare scorrerie e razzie tanto che Graziano rinuncia al controllo delle province illiriche, consentendo a Teodosio di portare avanti delle operazioni militari. Un motivo di grave debolezza degli eserciti romani del tempo era legato alla pratica di arruolare contingenti fra le popolazioni barbare e farli combattere contro altri barbari, spesso etnicamente affini. Nel 382 venne stipulato con i Goti stessi, o perlomeno con quelli che erano scampati alla guerra, un trattato che li autorizzava a stanziarsi lungo il corso del Danubio, che allora costituiva il confine dell'impero, e più precisamente nella Tracia, e di godervi un'ampia autonomia. Negli ultimi anni del regno di Teodosio uno dei capi goti emergenti, Alarico I, partecipò alla campagna che Teodosio condusse nel 394 contro il rivale Eugenio, l'usurpatore del trono imperiale, per poi rivoltarsi contro Arcadio, figlio di Teodosio e suo successore in Oriente, subito dopo la morte dello stesso Teodosio. Ed è proprio con Alarico che si colloca la storia di Silfrida.
Silfrida è una giovane gota venduta come schiava dagli usurpatori dell'Impero di Teodosio e adottata da una coppia romana di Verona. Silfrida è il simbolo di due popoli, divisa fra la cultura romana impostale e quella gota che vorrebbe ritrovare e abbracciare. E' una donna riservata e diffidente e a causa della sua bellezza innocente e pura e all'appartenenza al popolo goto, viene schivata da tutti.
La sua bellezza naturale è oggetto di fantasie erotiche da parte degli uomini e le donne la temono e la schivano per la sua influenza sui propri mariti. Nonostante i pregiudizi e i malvagi pensieri additati dalla gente romana, Silfrida gestisce una taverna di Verona, sulla Via Postumia preparando pasti e accogliendo i clienti insieme a suo fratello Tullio. Ma il destino le riserva una vita diversa.
L'inaspettato ritrovamento del padre Alarico, capo dei goti stravolgerà e ribalterà le sorti della sua vita. E la partenza per un viaggio difficoltoso e pieno di insidie per riabbracciare il suo perduto padre e il suo popolo insieme a Ghiveric, un valore guerriero goto le farà conoscere l'amore e i suoi ostacoli. Ed è proprio quel viaggio avventuroso di sopravvivenza e forza che le farà conoscere il mondo, le farà apprendere il vero volto del nemico e il coraggio per combatterlo e sconfiggerlo. Un nemico incombe alle loro spalle, un nemico pronto a dividerli e ad appropriarsi di Silfrida.
Con destrezza e perfezione Isabel Greenwood conferisce ad una storia complessa e magistrale, ingredienti forti e differenti sfaccettature di uno spaccato storico spinoso, capaci di travolgere il lettore. Isabel sa essere spietata e cruda nelle battaglie quanto dolce e romantica nelle brevi scene erotiche e piene d'amore in cui vengono esaltati i sentimenti.
La narrazione degli scontri e delle battaglie, gli usi e costumi dei popoli, le lunghissime traversate dei popoli attraverso territori insidiosi per trarre in inganno il nemico e sconfiggerlo, le razzie per la propria sopravvivenza e la condizione della donna del tempo mi hanno incantato e appassionato. Le ragioni di un guerra sono sempre complicate da comprendere. I conflitti armati derivano sempre da interessi economici, ideologici e politici. La guerra non risparmia nessuno, distrugge i più deboli, vite innocenti che vengono private di futuro, la guerra non ha regole ma solo coraggio e forza di sopravvivere e vincere.
L'avventura di Silfrida e Ghiveric è un intreccio intarsiato nei minimi dettagli: speranza e amore, passione e forza d'animo sullo sfondo di un conflitto sanguinoso, di violenze e assalti.
L'amore è potenza e vita, è un'energia che seppur ci fa paura e ci rende deboli è l'unico sentimento a renderci immortali e a darci una ragione per cui combattere.
Porgo i miei più sentiti complimenti all'autrice, per la creazione di un romanzo storico scorrevole e appassionante.
Consigliato a chi ama la storia e le guerre, proprio come le amo io. Leggetelo, non vi deluderà!
Raffaella
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