mercoledì 20 febbraio 2019

RECENSIONE "La scatola di latta" di Kim Fielding

Buon pomeriggio lettori, Lara ci parla de La scatola di latta, il romanzo di Kim Fielding uscito ieri con Dreamspinner Press. Un manicomio abbandonato i cui ricordi aiuteranno William a scoprire se stesso.


TITOLO: La scatola di latta
TITOLO ORIGINALE: The Tin Box
SERIE: autoconclusivo
AUTORE: Kim Fielding
DATA D’USCITA: 19 Febbraio 2019
EDITORE: Dreamspinner Press
GENERE: contemporaneo lgbt
NARRAZIONE: pov maschile in terza persona
AMBIENTAZIONE: California
FINALE: no cliffhanger
PROTAGONISTI: William, dottorando; Colby, commesso.







TRAMA


Il passato di William Lyon gli ha impedito di essere se stesso. Combattuto e stanco di mantenere le apparenze, si separa dalla moglie e accetta un lavoro come custode di una struttura che è stata il più grande ospedale psichiatrico della California. Il vecchio manicomio, vuoto e abbandonato, gli sembra il luogo adatto in cui rifugiarsi per terminare la tesi di laurea in attesa che il divorzio diventi definitivo. Nella piccola città di Jelley’s Valley, William incontra Colby Anderson, che manda avanti la bottega del paese con annesso ufficio postale. Al contrario di William, Colby è adorabile, ottimista e vistoso, e non si preoccupa di nascondere il proprio orientamento sessuale. Anche se all’inizio il carattere aperto di Colby lo mette a disagio, con il tempo William impara ad apprezzare la loro amicizia e accetta persino la proposta di Colby di introdurlo al mondo del sesso gay.

L’idea che William si è fatto di sé inizia a cambiare quando scopre una scatola di latta nascosta da decenni nelle mura del manicomio. All’interno, sono custodite le lettere scritte in segreto da Bill, un paziente che era stato internato a causa della sua omosessualità. William si rispecchia in quelle pagine e comincia ad appassionarsi alla storia dell’uomo che le ha scritte e al suo destino. Con l’aiuto di Colby, spera che le parole scritte settant’anni prima gli diano il coraggio di essere finalmente se stesso.



RECENSIONE


Oggi vi voglio parlare di una storia che ci viene narrata quasi in punta di piedi, con uno stile cadenzato e descrittivo per dare al lettore l'immagine visiva del tutto, ci viene raccontata con i ritmi giusti che sono quelli del protagonista William per percepire quello che lui prova e entrare in contatto con la storia.
William è un uomo serioso, rigido e quasi noioso, è il risultato del suo passato di negazione e rifiuto. Rassegnato e sfiduciato, stanco dei suoi fallimenti si rifugia in un manicomio abbandonato per finire la sua tesi di laurea, la solitudine gli è congeniale, i ritmi cadenzati dei dati che immette al computer perfetti per la sua natura, ma quel luogo abbandonato e scricchiolante nasconde dei ricordi che lo porteranno ad una svolta e l'incontro con un ragazzo luminoso e ottimista gli cambierà la vita. L'accuratezza nei dettagli delle descrizioni e nel delineare i protagonisti è eccellente. William e Colby sono agli antipodi: tanto rigido e pessimista il primo quanto scintillante ed ottimista l'altro, eppure nonostante l'iniziale imbarazzo William accetta incondizionatamente le stravaganze e la purezza di Colby. L'evoluzione della loro amicizia è lenta ma significativa, ogni passetto fatto da William è importante e decisivo per diventare finalmente se stesso ed essere libero. Molto ironici i dialoghi anche quelli più impacciati, dolci e amari i ricordi condivisi, pochissime le scene intime scritte con delicatezza e sensualità. Io non amo particolarmente gli slowburn eppure qui ho trovato perfetto questo rapporto che con un certo timore viene vissuto, probabilmente perché questa non è una storia d'amore fine a se stessa ma il racconto di un cambiamento interiore, di una presa di coscienza ed il coraggio di essere.
Ma parliamo di quello che rende questa storia davvero meravigliosa: il manicomio abbandonato dove venivano rinchiusi uomini per ogni tipo di patologia che un tempo rappresentavano una malattia mentale da curare dalla semplice depressione all'omosessualità, Bill era un ragazzo quando è stato rinchiuso perché scoperto ad amare un uomo, le lettere trovate da William sono le sue memorie, sono il ricordo vivo e straziante di cosa succedeva a quei tempi. Le terapie psichiatriche abominevoli sono riportate con un'accuratezza da fare accapponare la pelle, ogni sensazione di Bill è struggente e vivida. Bill vissuto sessant'anni prima è vivo e reale tanto quanto William e Colby e tutti e tre si mettono a nudo grazie alla bravura dell'autrice. La scatola di latta è l'esperienza di un uomo e del cambiamento radicale della sua vita ma sostanzialmente è un bellissimo tributo a tutti quegli uomini rinchiusi e rinnegati, è dignità restituita a degli uomini dimenticati, è una presa di coscienza sulle brutture a cui uomini forti non sono riusciti a sopravvivere. Assolutamente consigliato.


Lara



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