mercoledì 21 ottobre 2020

BLOG TOUR "Fiori affamati di vita" di Veronica Yoko Plebani: LE FILOSOFIE GIAPPONESI

 




DATA DI PUBBLICAZIONE: 6 Ottobre 2020


TITOLO: Fiori affamati di vita

AUTORE: Veronica Yoko Plebani

GENERE: narrativa contemporanea
EDITORE: Mondadori

TRAMA

"Il mio collo lungo, la sagoma del viso. Da sotto il naso a sinistra si allarga una cicatrice fresca che spunta sulla guancia e torna a nascondersi, poi cola giù dalle spalle e dalle cosce fino alle estremità fasciate. Conosco già il paesaggio irregolare della mia pelle. Solo adesso che me lo vedo addosso mi rendo conto che è mio, sono io. Trattengo il respiro, fisso lo sguardo e immagino il mio corpo fuori da qui, nei miei posti, nelle cose che faccio, negli occhi di chi mi vede e nel mondo. Capiranno che sono ancora io?" Una sera, senza preavviso, la vita e il corpo di Yoko sono segnati per sempre. E anche se non c'è niente di diverso, è come se tutto fosse cambiato. Ma Yoko non è sola. Ci sono sua mamma e le sue filosofie orientali, l'entusiasmo di papà Max e la saggezza di suo nonno, ma soprattutto c'è Lu. Yoko e Lu sono amiche da sempre anche se sono l'una l'opposto dell'altra. Yoko è testarda, iperattiva ed estroversa, mentre Lu è riflessiva, taciturna e insicura. Sono due adolescenti come tante in una città di provincia come tante. Il loro corpo, dentro e fuori, si sta trasformando: si segna, evolve, cresce come la voglia di fare nuove esperienze, di scoprire il mondo, di vivere. In fondo Yoko il cambiamento ce l'ha perfino nel nome, nel destino. "Figlia del sole", "figlia dell'oceano", "figlia delle foglie", e molto altro visto che, come dice Lu, i nomi giapponesi, a seconda di come vengono scritti, assumono significati differenti. Un po' come la vita che, anche se viene sconvolta, può sempre nascondere un senso inaspettato. Un po' come il corpo di Yoko e le sue cicatrici che a guardarle bene sembrano ricami. "Fiori affamati di vita" è un romanzo pieno di luce, dolce e ironico, che racconta l'amicizia, l'amore e l'accettazione di sé. Nonostante il corpo. Nonostante il sesso. Diverso, bello, brutto, forte, debole, giusto, sbagliato, dritto, storto, normale, del resto, sono solo categorie con cui si cerca di uniformare ciò che invece è naturale varietà, e la varietà è bellezza.


BLOG TOUR: Le filosofie giapponesi

Noi occidentali siamo da sempre affascinati dal mondo orientale, dalle sue tradizioni, usi e costumi, ma anche dalla loro discrezione rispettosa, dalla Storia e dalla loro continua dell’equilibrio. In particolare il Giappone è una delle terre più visitate e più amate, non possiamo fare a meno di ammirare le splendide pagode, restare ammaliati dalla loro profonda ricerca della felicità e del benessere. Infatti, le filosofie giapponesi sono quelle che destano più attenzione, che aiutano a comprendereche insegnano a vivere meglio. Di seguito ve ne parlo di alcune, le più importanti citate nei libri. 

- Shibui, la bellezza naturale 

Shibui (aggettivo), shibumi (nome) o shibusa (nome) sono parole giapponesi che si riferiscono a una particolare estetica o bellezza semplice, sottile e non vistosa.
Originatosi nel periodo Muromachi (1336-1392) come shibushi, il termine Shibui si riferiva in origine a un gusto amaro o astringente, come quello di un kaki non maturo. All’inizio del periodo Edo (1615-1868), invece, viene associato ad un particolare canone estetico riferito a manifestazioni, persone o oggetti belli in modo diretto e semplice, non appariscenti. Lo scopo non è quello di costruire una bellezza ad hoc, ma di trarre la bellezza vera e autentica, coniugando insieme le caratteristiche contrastanti di ruvidità e raffinatezza, e quella nascosta, riservata e mai sfacciata, tutta da scoprire, da intravedere poco a poco, da apprezzare in ogni suo aspetto. 

Shibui è uno stile di vita, una filosofia, confortevole e naturale, basata su 7 canoni: 

1. la semplicità (un esempio ne sono gli interni delle case giapponesi); 

2. il significato implicito (profondo e non superficiale, come il caso del giardino zen del tempio Ryoan-ji a Kyoto); 

3. la moderazione (intesa come esaltazione non dell’io, ma di ciò che circonda); 

4. la tranquillità (quel senso di calma, serenità e silenzio durante la cerimonia del thé; 

5. la naturalità (come nel caso delle cerimonie shibusa); 

6. l’autenticità (esaltazione dell’imperfezione asimmetrica); 

7. la purezza, intesa come assenza di contaminazioni, normalità lontana dalle anomalie. 


- Ikigai, la ragione di vita 

Avete una vita serena, ma sentite che vi manca qualcosa? Oppure vi chiedete spesso come siete finiti, dove siete ora o dove state andando? Forse non avete ancora trovato il vostro Ikigai. 

Il termine giapponese Ikigai nasce dall’unione di due parole: iki (vivere) e gai (valore, merito o ragione). Cercando di tradurre letteralmente, il “valore della vita” o una “ragione per vivere”. 

In cosa consiste? Lo psichiatra giapponese Mieko Kamiya vi risponderebbe, elencandovi le sette necessità basilari associate all’Ikigai: un’esistenza appagante; cambiamento e crescita; prospettive future; risposte; libertà; realizzazione personale; significato e valore. 

Cercando di bilanciare proprio queste esigenze biologiche, sociali e spirituali, perseguendo un obiettivo, si arriva a trovare il proprio Ikigai. 

Nella pratica cosa può essere? La pura gioia e un senso di benessere derivante dall’essere vivo; una ragione per alzarsi dal letto ogni mattina; comprendere il valore dell’essere vivo; un obiettivo pregno di senso; il vostro obiettivo attuale; l’oggetto (per esempio una persona, un lavoro o un bene) che rende la vita degna di essere vissuta; un finale felice tutto personale. 

In pratica, una molla per andare avanti. Invece di lottare per il raggiungimento della felicità come obiettivo finale, secondo l’Ikigai è meglio cercare significato e appagamento nella vita di tutti i giorni – con i suoi alti, i suoi bassi e la sua monotonia. 

Se si impara la faticosa “arte dei piccoli passi”, citando Saint Exupéry, invece della corsa affannosa al successo, si potrà potenziare la propria capacità di ripresa, così da superare ogni sconfitta e affrontare il futuro con positività.


- Kintsugi, l’arte di riparare la propria vita 

“C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce”, cantava quasi tre decenni fa Leonard Cohen. Benedire le ferite, le crepe, invece che maledirle: il cantautore deve aver mutuato questa convinzione dalla filosofia del Kintsugi, antica tecnica giapponese, sviluppata nel XV secolo, che consiste nell’utilizzare un metallo prezioso per riunire i pezzi di un oggetto di ceramica rotto, rendendolo così un’opera d’arte unica ed evidenziandone le crepe anziché nasconderle. 

Il termine giapponese Kintsugi, infatti, è composto dalle parole kin (oro) e tsugi (riparazione), quindi letteralmente significa “riparare con l’oro”. Fuori dalla pratica artistica, la filosofia profonda del Kintsugi parla di guarigione e resilienza. Riparato con cura, l’oggetto danneggiato pare accettare e riconoscere i propri trascorsi e paradossalmente diventa più forte, più bello, più prezioso di quanto non fosse prima di andare in frantumi. 

Una metafora che dona dignità a ogni processo di guarigione, riguardi esso una ferita fisica o emotiva. Come la ceramica prende vita attraverso le linee di frattura, così anche noi possiamo imparare l’importanza della fragilità per crescere attraverso le nostre esperienze dolorose, valorizzarle e capire che sono proprio queste a renderci unici e preziosi.


- Shinrin-yoku, il potere di guarigione dei bagni di foresta 

Provate a pensarci: quando siete stressati o stanchi, una passeggiata al parco in pausa pranzo o in montagna nel weekend aiuta a staccare la mente, a riprendere fiato, a rigenerarvi. Se desiderate la pace della mente e un senso generale di benessere, vi accorgerete subito di come, risvegliando il legame con il mondo naturale, la vostra vita si trasforma in meglio. 

Sia che amiate avvolgere le braccia intorno a un albero o che cerchiate un approccio naturale all’automedicazione, lasciarsi alle spalle stress e caos per bearsi della bellezza della natura e assorbire i suoni e il silenzio con tutti i sensi è alla base di quella che i giapponesi chiamano “la medicina dell’essere nella foresta”. 

Shinrin-yoku, infatti, in giapponese significa letteralmente “bagno nel bosco” ed è un’esperienza codificata di sollecitazione dei cinque sensi. 

Ci si educa all’ascolto dei suoni di una foresta o di uno spazio naturale, alla capacità di respirarne i profumi, a osservare la luce e le sfumature dei colori, alla sensibilità nello stabilire un contatto con le piante e con la terra. 

Perché, come dimostrano tanti recenti studi, quando siamo in armonia con la natura il sistema nervoso si riequilibra, le difese immunitarie si rafforzano, la frequenza cardiaca si abbassa, le capacità di concentrazione e di memorizzazione aumentano sensibilmente. 

E non occorre vivere vicino a una foresta, basta un giardino fuori porta, anche un parco cittadino può essere un ottimo punto di partenza. 


- Wabi sabi, la capacità di trovare la bellezza nell’imperfezione 

Ricordate la scena del sacchetto nel film “American beauty”? Ebbene, una vecchia busta della spesa viene sospinta dal vento nell’istante che precede la prima nevicata dell’inverno. In quel momento, il narratore realizza che esiste “tutta un’intera vita dietro a ogni cosa, e un’incredibile forza benevola che voleva che sapessi che non c’era motivo di avere paura” e che “a volte, c’è così tanta bellezza nel mondo che non riesco ad accettarla. Il mio cuore sta per franare”. 

Questo è il Wabi sabi, ovvero quello che i monaci giapponesi descrivono come “la capacità di apprezzare ciò che è veramente importante nella vita, eliminando tutto ciò che non è essenziale”. In pratica, in cosa consiste? Per fare un esempio, a una prima occhiata, le muffe sono sgradevoli, persino ripugnanti. 

Quando ci scontriamo con la vita e tutte le sue brutture difficilmente ne restiamo affascinati, poiché è difficile riuscire a vedere la bellezza in ciò che appare disgustoso. Eppure, focalizzandosi sulle funzioni essenziali di una persona, di un luogo o di una cosa se ne rivelerà sicuramente la natura intrinseca e il vero valore. Ogni giorno ci viene offerta la possibilità di dare un’occhiata alla bellezza peculiare delle cose. Perciò, forse la chiave della felicità è provare a guardare meglio, oltre il velo dell’apparenza.

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