lunedì 23 novembre 2020

RECENSIONE "Il male degli angeli" di Luisa Gasbarri + INTERVISTA ALL'AUTRICE

 




TITOLO:
 Il male degli angeli
SERIE: no serie, autoconclusivo
AUTORE: Luisa Gasbarri
DATA DI PUBBLICAZIONE: 23 Luglio 2020
EDITORE: Baldini+Castoldi
GENERE: thriller
AMBIENTAZIONE: Italia - Germania
FINALE: chiuso





TRAMA

Rostock, febbraio 1935. 
Un ufficiale delle SS viene mandato da Berlino per un sopralluogo che ha ben poco di ordinario: un incendio ha distrutto la scuola fino alle fondamenta. Terrorizzata, la maestra sostiene che a scatenare il fuoco sia stata un’orfana di dieci anni. E senza alcuno strumento. 

Roma, oggi. 
Sara Wolner, trentatré anni, carriera singolare e temperamento insofferente, soprattutto verso le tradizioni della sua famiglia di origine ebrea, trova che ci sia qualcosa di insolito nel tragico incidente di laboratorio di cui è stata vittima una studentessa italiana a Rostock. Il suo istinto le dice che le similitudini con altri episodi recenti sono troppe: donne torturate, e poi bruciate. Bruciate come carta... E se si trattasse di omicidi rituali? Nella sua indagine solitaria Sara individua un insperato complice in Desmond Mirri, collega trasgressivo, dallo stile di vita quasi borderline, e nella sua sensuale coinquilina degli alloggi ufficiali, Sveva Idalgo, capace di guidarla tra le regole non scritte dell’Interpol. Ciò che accomuna le donne uccise rimanda però a una storia che nessuno ha voglia di far riaffiorare: quella della Società Vril, l’ordine esoterico esclusivo e segreto del Terzo Reich che negli anni Quaranta concentrò a Berlino le medium più illustri dell’epoca. Donne carismatiche, pericolose, che tennero rapporti enigmatici con i gerarchi nazisti, spingendoli a compiere l’esperimento peggiore e a sancire la più fatale delle alleanze. Donne che sembravano angeli, splendenti e ambigue quanto Lucifero, eppure in attesa del nuovo Messia invocato da secoli. E se la Storia non fosse affatto quella che conosciamo? 
Un thriller teso e magnetico, che si snoda incalzante tra passato e presente, tra Roma e Berlino, e in cui alla storia segreta del nazismo si affianca un’indagine potente, che oggi più che mai solleva sorprendenti interrogativi, tenendo il lettore col fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina.

RECENSIONE

Luisa Gasbarri sbarca nel panorama della letteratura con un libro thriller avvincente e appassionante che vi catturerà fin dalla prima pagina e vi lascerà andare solo alla fine. Sono molto felice di poter recensire questo libro, sia perché i thriller sono in assoluto il genere che più amo sia perché questo in particolare è veramente meritevole sotto ogni aspetto. La storia segue due linee temporali: la prima ambientata al presente, a Roma, dove seguiamo l'agente dell'Interpol, Sara, che investiga su un caso complesso riguardante la morte di tre donne torturate e poi bruciate; la seconda al passato, precisamente tra la cittadina di Rockstock e una Berlino nazista degli anni Quaranta, dove seguiamo un ufficiale delle SS che indaga su un misterioso incendio che sembra essere stato appiccato da una bambina. Queste due linee apparentemente separate vanno man mano ad avvicinarsi sempre di più nel corso della storia fino ad intrecciarsi indissolubilmente. Sara è un personaggio interessante, una donna appartenente ad una famiglia ebrea, che deve fare i conti con una madre molto credente e dedita alle convenzioni sociali. Nella sua indagine la affianca la sua amica Sveva, che la sostiene e la comprende, e Desmond Mirri, un collega tormentato che infrange le regole e che si rivela una persona perspicace e diligente. Quello di Luisa Gasbarri è un thriller intenso e magistrale, con quel ritmo incalzante che fa appassionare il lettore alle vicende, alle rivelazioni e ai colpi di scena descritti. La mia lettura non è stata affatto facile perché non ero preparata assolutamente al vortice di eventi riccamente descritti, perfettamente intersecati tra loro che danno una visione globale della storia e degli enigmi da risolvere. Con logica e stupore il puzzle prende sempre più forma ed ogni singolo tassello diventa fondamentale per creare il quadro completo. È evidente fin dalle prime pagine una ricerca accurata e approfondita del periodo storico e dell’esoterismo da parte dell’autrice, che riesce a intrecciare la realtà con la fantasia, tessendo una storia pregevole sotto tutti i punti di vista. La figura della donna è posta al centro del romanzo, la donna è la protagonista assoluta della storia che ci verrà mostrata in tutte le sue sfaccettature, soprattutto in quelle più cupe. Il Bene e il Male sono due facce della stessa medaglia, opposte e contrarie, e in questo romanzo ci vengono mostrati perfettamente nel loro dualismo. Si è sempre parlato della distinzione tra Bene e Male nella religione, nei poemi dei filosofi, nella Divina Commedia di Dante Alighieri, nei libri. Questa visione permette di identificare un essere vivente come "buono" o "cattivo". Il Bene e il Male non sono considerati assoluti, ma relativi: sono le nostre azioni, i nostri comportamenti che si identificano in una delle due facce inducendoci ad interpretare la natura delle nostre scelte. Ma ci possono essere casi in cui entrambi gli aspetti convivono in complementarietà. Dietro un volto più angelico potrebbe nascondersi il Male più oscuro. Esoterismo e suspense, Storia e violenza, archetipi femminili e mistero, Bene e Male che si intrecciano, sono gli ingredienti di questo romanzo che vi consiglio assolutamente di leggere se amate i thriller oppure se volete approcciarvi per la prima volta al genere.


Raffaella









INTERVISTA ALL'AUTRICE

Benvenuta Luisa nel nostro salottino, è un vero piacere per me avere l’opportunità di intervistarla.
Prima di tutto ci tengo a complimentarmi con lei per il romanzo, l’ho appena terminato e devo dire che mi ha stupito e appassionato moltissimo. Sono una grande lettrice di thriller e leggere il suo libro è stato davvero interessante oltre che ad aver avuto la possibilità di riflettere su temi importanti.

Luisa: Grazie per l’accoglienza nel salotto e per le domande!


1. Da quando ha cominciato a scrivere? Ha sempre avuto questa passione per la scrittura?

Ho sempre manifestato un’inclinazione irrinunciabile per la scrittura. Quando non sapevo ancora scrivere o non ancora in modo sufficientemente fluente, inventavo storie oralmente, ne animavo i dialoghi con pupazzi, talvolta per intrattenere mia sorella piccola, benché chi si divertisse di più fossi io. Da ragazzina mi sono poi cimentata con il romanzo d’avventura, da studentessa di Lettere con il romanzo sperimentale, da adulta sono arrivati la fantascienza, il thriller, il noir…
Credo che il genere in letteratura rappresenti una sfida, mai un limite.


2. Come ha creato i personaggi della storia? C’è qualcosa di lei in loro? 

I personaggi de “Il male degli angeli” sono in parte inventati, ma quelli storici no. Tuttavia anche nei riguardi dei personaggi storici bisogna compiere uno sforzo d’immaginazione non da poco a volte: cosa ci fosse nel cuore di una medium come Maria Orsitch, per esempio, è molto difficile intuirlo. Fu una collaborazionista? Si piegò a una complicità scomoda suo malgrado? Le sue sfaccettature poliedriche la resero una ambigua protagonista dell’epoca, persino i contemporanei ebbero difficoltà a classificarla. Date tali premesse, quindi, è piuttosto improbabile proiettare in simili protagonisti qualcosa di autobiografico, ma le donne e gli uomini che rappresento rispecchiano in genere aspetti delle persone che incontro. In fondo le paure e le fragilità umane, come i punti di forza, sono i medesimi sempre. E dei miei personaggi è il loro andare controcorrente l’aspetto che più mi somiglia.


3. Che cosa ha lasciato a lei questa storia?

Questa storia mi ha radicato ancor più in una certezza che possedevo anche prima: che peccato non aver permesso alle donne di esprimersi liberamente nel corso della Storia! Rendere invisibile il loro mistero, il loro potere, è stato un errore gravissimo. Il risultato è la direzione unilaterale imboccata dal mondo, le cui conseguenze abbiamo ora sotto gli occhi con macroscopica evidenza.


4. Qual è stata la parte del romanzo più difficile da scrivere e perché?

La parte più complessa del romanzo è stato cercare di rendere realistica una realtà che per sua natura, dati gli elementi in gioco, sembra fantastica. Purtroppo tendiamo a mantenerci molto legati alle percezioni, ai giudizi pregressi: cambiare la nostra visione della Storia può metterci in crisi, ma non è detto che una verità sia tale solo perché vi confidiamo da sempre.


5. Questa storia ha rappresentato per lei anche l’occasione per lanciare un vero e proprio appello: quale? Pensa di essere riuscita? È soddisfatta del riscontro che ha avuto l’opera da parte dei lettori?

Non credo si scrivano libri per lanciare messaggi, ma certo spero il libro attiri l’attenzione su un certo modo di essere donna, di essere figlia, nipote, madre. Insomma su come sia necessario uscire dagli stereotipi per incontrare davvero il cuore del femminile. E il cuore della Storia naturalmente.
Sapevo che l’originalità degli avvenimenti narrati avrebbe rappresentato una sfida in un Paese come l’Italia così tradizionalista a livello editoriale. Le lettrici e i lettori però hanno dimostrato di essere molto più aperti alle provocazioni e alle novità di tanti editori, mi scrivono privatamente giudizi a volte persino commoventi, e ciò è bellissimo per un’autrice. Mi rammarico solo che un libro di questo tipo, così stratificato e in grado di parlare a tante persone, non abbia ricevuto una visibilità corrispondente.


6. Come ha scelto l’ambientazione del romanzo? Ha mai visitato i luoghi in cui ha ambientato la tua storia?

I luoghi della vicenda sono prevalentemente città che ho esplorato, e che amo, come Monaco, Berlino, Roma… In alcuni casi ho solo forzato un po’ le atmosfere per far risaltare aspetti più congrui al tono delle scene, come per la Kiev notturna, che volevo rendere borderline e criminale il giusto, o per la Vienna klimtiana, per me non una città, bensì una condizione dello spirito.


7. Il romanzo è un intreccio di thriller e suspense, di esoterismo e violenza, di archetipo femminili e di Storia. Oltre al Terzo Reich, ha inserito fatti realmente accaduti? Dove termina il confine della finzione e dove inizia quello della realtà?

A questo non posso rispondere, si perderebbe la sorpresa per i lettori, e forse a un interrogativo così netto non può rispondere neppure la Storia. Del resto non possedere documenti in merito a talune circostanze è fin troppo naturale se si considera il tenore delle circostanze stesse. Nella bibliografia in appendice al romanzo si trovano però spunti che mi auguro siano proficui per proseguire la ricerca in proprio e provare a scoprirlo.


8. Nel suo libro sono presenti diverse tematiche importanti non solo del passato ma anche del giorno d’oggi. Dove nasce la scelta di inserire questi temi?

Penso che la letteratura debba affrontare la realtà in ogni caso. Per quanto di fantasia, ogni romanzo è una visione del mondo, quindi anche una presa di posizione sul mondo. Scrivere ignorando le ferite di quanto ci sanguina accanto, le contraddizioni del secolo che viviamo, personalmente non lo ritengo dunque possibile. Descrivo la violenza, soprattutto quella di genere, perché, in primo luogo come donna, non posso fare a meno di considerarne i devastanti effetti, e scriverne è già denunciarla, mostrarla nella sua integrità, senza il buonismo che spesso ne ottunde la comprensione dal di dentro. Allo stesso modo descrivo il fanatismo, perché ci offende e divide come esseri umani.


9. Com’è nata la collaborazione con Baldini + Castoldi?

Baldini+Castoldi è una casa editrice che sta attraversando una nuova stagione. È nata perciò abbastanza naturalmente la sintonia con il mio libro che è decisamente innovativo per il panorama nazionale. Il coraggio degli scrittori ben poco può se non è sostenuto dalle scelte coraggiose degli editori.


10. A quando il prossimo romanzo? Tratterà un genere diverso o si focalizzerà ancora su questo?

Li ho trattati tutti i generi letterari, perché amo molto mettere alla prova i miei limiti e osare. Che senso ha scrivere se nell’arte non si sfida l’universo, come diceva Eliot? Naturalmente, vista la mia frequentazione dei generi legati alla suspense, mi viene ormai piuttosto congeniale immaginare storie formulate in questo modo. Un giorno mi piacerebbe molto pubblicare tutte quelle che ho scritto negli anni: se si ha l’ardire di precorrere l’immaginario, si rimane più a lungo in attesa dello schiudersi dei giusti spiragli.

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