venerdì 12 ottobre 2018

BLOG TOUR "Lovesong" di Paola Garbarino: I LUOGHI DEL ROMANZO

Buongiorno lettori, oggi abbiamo il piacere di ospitare la terza tappa dedicata ai luoghi in cui è ambientata la storia del romanzo Lovesong di Paola Garbarino.

DATA DI PUBBLICAZIONE: 6 Ottobre 2018

TITOLO: Lovesong

AUTORE: Paola Garbarino

GENERE: rosa contemporaneo
EDITORE: self publishing

TRAMA


"Ogni cosa che ho fatto, ogni persona o luogo da cui sono scappata, tutti gli errori che ho commesso e le ingiustizie che ho subito, mi hanno condotta qui. E dall’altra parte del muro c’eri tu."

Maya Parisi, scrittrice fantasy salita alla ribalta usando uno pseudonimo, è appena scappata da Londra e dalla storia sbagliata con un uomo sposato. In effetti, la fuga è ciò che le riesce meglio. L’ultima cosa che si aspetta, nel sonnacchioso paesino ligure in cui si è rifugiata per scrivere il suo nuovo romanzo, è innamorarsi dell’affascinante vicino di casa. Gay. È solo un altro dei suoi sbagli, un modo per non mettere davvero in gioco il proprio cuore, oppure è proprio quello stesso cuore ad avere ragione?




I LUOGHI DEL ROMANZO



Salii sino alla mansarda e rimasi a guardare fuori dalla finestra: ero una cittadina ma dovevo ammettere che questa vista toglieva il fiato, si dominava tutta la valle, il paese sottostante e i ruderi dell’antico castello dei Fieschi. Era un panorama perfetto, per una scrittrice. Accesi il pc ma non scrissi niente, rimasi a fissare le luci e ad ascoltare il silenzio. Poi mi avvolsi uno scialle addosso, aprii la portafinestra e uscii sul terrazzino. L’aria era fresca e pulita, così diversa da quella della metropoli, nel mio quartiere londinese aveva aleggiato sempre l’aroma agrodolce dei ristoranti asiatici, qui non c’era niente se non un vago sentore di erba bagnata. Anche nel mio sobborgo c’erano state luci tutta la notte, il rumore della gente e dei locali. Qui, dalla mia alta posizione, potevo ammirare la chiesa illuminata, il campanile che di giorno scoccava ogni ora e di cui avevo già imparato il rintocco, e il campo da calcio su cui si stavano muovendo figurine di cui mi arrivavano, ovattate, le grida durante la partita. Voltai la testa a destra, scorgendo i resti del castello, illuminati dalla Luna piena di questa sera. Il luogo ideale per un rapimento alieno o un ballo delle Fate. Niente grattacieli, niente risse tra ubriachi, niente ronde dei bobby di quartiere, niente negozi aperti per tutta la notte. Mi sembrava di essere in un altro mondo e in fondo c’ero davvero. Sollevai lo sguardo più in alto. Dio, non avevo mai visto così tante stelle brillare, erano diamanti scintillanti su un manto di velluto nero, milioni, miliardi. Erano lì, c’erano sempre state ma non le avevo mai vedute a causa della moltitudine di luci artificiali della città. Ma c’erano, erano lì da ere, c’erano state anche quando non potevo vederle, anche se forse qualcuna di quelle luci apparteneva a una stella ormai esplosa ma di cui ancora ci giungeva la brillantezza. Stelle spente, che vedevamo ancora brillare a causa della velocità con cui la Luce viaggia nell’universo. Spente, esplose, come me. Presi nota mentale di tutti i bar, trattorie, tabacchini, forni-pasticceria e altri negozi che incontrammo. C’era anche la ASL, uno studio medico e dentistico, una sartoria, la farmacia, nonché un paio di parrucchieri e un centro estetico. Insomma, avrei potuto non muovermi da qui, vivere a Torriglia per il resto della mia patetica esistenza, morirci pure visto che ovviamente c’erano una chiesa e un cimitero. Nel nostro tour ci ficcammo spesso nei bar per bere qualcosa. Tra breve avrei dovuto tirar fuori le giacche pesanti che avevo usato a Londra, non i cappottini da figa che bastavano a Genova, qui eravamo quasi a ottocento metri e la differenza si faceva già sentire. Tutti ci guardavano come fossimo una novità, probabilmente saremmo stati argomento di pettegolezzo per un po’. Tornando a casa passammo per il minuscolo centro storico e ci fermammo a guardare il grande affresco sotto l’arco della passeggiata che conduceva verso la vicina frazione di Casaleggio. “La bella di Torriglia.” lesse Fil poi si voltò verso di me “Non ti somiglia per niente.” ridacchiò. 
“Stronzo!” Lesse la storia, poi tradusse dal genovese “Tutti la vogliono, nessuno la piglia. Una zitellona, insomma. A furia di dir di no, rimase sola.”
“Ecco, tra qualche decennio ci sarà il mio, di affresco.”
“Tu non rimarrai qui, pulce. Io ti conosco.” Avrei voluto ribattergli che la Maya che conosceva lui si era estinta. Questa nuova Maya si sarebbe trasformata in Nonna Papera e avrebbe sfornato torte sul davanzale e libri strappalacrime sino al giorno della sepoltura.


GENOVA



LONDRA


ADDISCOMBE (LONDRA)


Il mio cuore scalcia nelle costole, in modo quasi doloroso. È il biglietto da visita di un alberghetto fuori dal centro, ad Addiscombe. Sono quasi sicura che da lì non passi nemmeno la metro ma soltanto il tram o il bus. Lo volto e il mio cuore salta direttamente un battito. Scritte a penna ci sono cinque parole: domani, h 15, stanza 206. Senza punto di domanda. Un’affermazione. Una piccola parte di me viene investita dalla sua arroganza, un’altra è sfiorata dal senso di colpa perché so che è sposato ma, quella più grande, fa sì che, nonostante essermi rigirata nel letto gran parte della notte in preda ai dubbi, alle due e cinquanta io sia nella hall dell’albergo. Salgo al secondo piano e, quando le porte dell’ascensore si aprono, resto lì, aspettando che si richiudano e mi portino via.



Genova e Londra sono le altre due città che vengono menzionate nella storia, ma le azioni principali si svolgono a Torriglia, un paese ligure della Val Trebbia.

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