martedì 5 marzo 2019

BLOG TOUR "Aquila ebrea" di Sebastian Hidalgo: INTERVISTA ALL'AUTORE




Buongiorno ragazze, abbiamo intervistato Sebastian Hidalgo per il suo romanzo storico Aquila ebrea e ne è uscita fuori una bellissima intervista. Vi invitiamo a leggerla così per farvi un'idea del bel romanzo che l'autore ha scritto.



1. Da quando hai cominciato a scrivere? Hai sempre avuto questa passione per la scrittura?

Ho cominciato a scrivere a quindici anni, quando ho scritto il mio primo romanzo. Prima di allora ero soltanto un grande lettore e non avevo la minima idea di voler scrivere o di saperlo fare. L’unica cosa che avevo mai scritto era stata, a circa tredici anni, un breve racconto che ho ancora. Il mio primo approccio con la scrittura però è avvenuto durante un incontro a scuola con un autore. Quando mi chiese “cosa vuoi fare da grande?” io, non sapendo cosa dire (ma, forse, sapendo in qualche strano modo) riposi “lo scrittore!”.

Quando lo dissi ai compagni di classe mi presero un po’ in giro, ed io pensavo di aver dato solo una risposta a caso… ma chissà, forse quel me tredicenne sapeva più di quanto penso.

2. Com’è nata l’idea per il romanzo “Aquila ebrea”? Come si scrive un libro così?
Aquila Ebrea è nato come nascono spesso tutti i miei romanzi: dal nulla. Penso fosse circa il 9 giugno 2013, ricordo che faceva caldo e che era circa mezzogiorno: faceva caldo, la scuola era appena finita, lo zaino pesava ed io stavo andando da mia madre, che lavorava in un negozio di elettronica. Tra la scuola ed il negozio c’era qualche chilometro di distanza, ma gli autobus non mi sono mai piaciuti e sono sempre stato un grande camminatore, quindi mi avviai a piedi.
Verso metà percorso, ormai sudato e sfinito, stavo ascoltando un brano strumentale, Earth di Jesper Kyd, ed è stato proprio in quel momento che ho visto la prima scena di Aquila Ebrea: un uomo anziano che nasconde una ragazza e viene ucciso da un soldato che la cerca. In quel momento sapevo che quella era la primissima scena e che stava avvenendo durante la Seconda Guerra Mondiale. Era così vivida da essere quasi una visione, e sapevo che se non mi fossi sbrigato a metterla giù l’avrei persa… e non potevo permettermelo, non scrivevo da troppo tempo! Così corsi, corsi sotto il sole dimenticandomi del caldo, dello zaino, della pessima idea di mettermi a camminare a quell’ora, e raggiunsi mia madre in ufficio. Lì, grondante di sudore, chiesi carta e penna, ma preso dall’euforia mi sedetti sul tavolo e scrissi la scena sullo stesso iPod che stavo usando per ascoltare la canzone, e che avevo avuto in tasca fino a quel momento! 
Per quanto riguarda la stesura del romanzo, devo dire che ero nell’ignoranza più profonda riguardo alla Seconda Guerra, quindi la parte difficile – come mi capita spesso – non è stata scriverlo: sono state le circa quattro ore al giorno che dovevo passare a studiare durante le prime settimane, quattro ore che mi separavano dal poter mettere giù anche una sola parola.

3. Che cosa ha lasciato a te nel cuore questa dolorosa avventura di guerra?
Questa è una domanda magnifica, mi è stata posta in una presentazione poche settimane fa ed è un piacere risentirla, perché mi permette di parlare del messaggio del libro.
Aquila Ebrea mi ha permesso di vivere due vite parallele ed opposto. Ho ucciso con Johannes ed ho sofferto con Klara. Ho subito il carisma di Hitler, gli sono stato amico insieme a Johannes, e con Klara ho odiato Hitler con tutto me stesso.
Pagina dopo pagina, Aquila Ebrea mi ha portato ad entrare nella storia, a viverla, e mi ha costretto a smettere di vedere i fatti storici come qualcosa di estraneo, di lontano.
Scrivere questo romanzo mi ha fatto rivalutare il presente, e nonostante tutto mi ha lasciato nel cuore la consapevolezza di quanto ognuno di noi sia capace di diventare sempre più forte man mano che la crisi ed il dolore diventano sempre più intensi. Aquila Ebrea mi ha emozionato, mi ha fatto ridere e piangere, e mi ha fatto capire che l’amore è un sentimento irriducibile che nemmeno il nazismo è riuscito a spezzare.

4. La storia di Klara ha rappresentato per lei e per te anche l’occasione per lanciare un vero e proprio appello: quale?
Adoro questa domanda. Tra tutti i miei personaggi, o almeno tra quelli che ho avuto l’onore di incontrare fino ad ora, Klara è uno di quelli a me più caro.
La sua vita e le sue vicende incarnano la resilienza e la capacità di voler vivere ed amare la vita a prescindere dalla situazione. Klara è un personaggio forte di quella forza che solo una donna può possedere e che la rende in grado di superare anche le peggiori esperienze. Ed è una combattente, lei vuole ribellarsi, vuole esporsi in prima persona ed è disposta a sacrificarsi per le persone che la circondano… ma le viene impedito! Ed anche questa è un punto fondamentale del personaggio di Klara: nel Ghetto di Varsavia anche le donne avrebbero voluto combattere, ai tempi della rivolta, ma nessuno glielo ha lasciato fare perché erano “deboli”, e perché dovevano “proteggere” i figli. Eppure, così facendo hanno anche impedito a quelle donne di proteggere i loro figli, i loro mariti ed i loro fratelli, hanno dovuto restare nascoste e sentirsi impotenti in balia del destino e dei tedeschi. Penso che nessuno abbia il diritto di riferirsi alle donne come “deboli”, e sono convinto che, se avessero lasciato partecipare le donne alla rivolta del Ghetto, adesso non avremmo un solo eroe polacco da commemorare.
Vedo Klara come un grande esempio, e spero che vedere ciò che ha vissuto lei ispiri le lettrici a non smettere di lottare per quella parità che meritano di ottenere

5. Spiegaci come crei il carattere dei tuoi personaggi.
Non lo creo, viene fuori da solo. Pensare allo scrittore come un creatore di mondi e personaggi è bello e dà al mestiere un’aura quasi divina, ma sono convinto che ad essere divini non siamo noi, bensì quella fiamma di creatività e di visione che il nostro creatore ci ha concesso. Ed è questa una delle cose che più amo dello scrivere: non creo, vedo. Quando scrivo è come se ogni parte di me fosse in contatto con quel mondo, con quella stringa di realtà, ed è come se quei personaggi avessero scelto di farsi conoscere da me e rendermi partecipe delle loro vite.

6. Quale è stata la parte del romanzo più difficile da scrivere e perché?
Varsavia. Senza fare spoiler ai lettori, posso dire che tutta la rivolta del Ghetto e la sua successiva sconfitta sono stati un vero pugno nello stomaco. Scrivere questi pezzi è stato così forte che, ad un certo punto, piangevo mentre scrivevo le ultime pagine di un capitolo, e quel giorno mi sono fermato… avevo bisogno di disintossicarmi da tutta quella violenza, dalla morte e dal dramma degli ebrei di Varsavia.
Mi ci vollero due settimane per poter ricominciare a scrivere.

7. Come hai scelto l’ambientazione del romanzo? Hai mai visitato i luoghi in cui hai ambientato la tua storia?
Si è scelta da sé. Quando mi arrivò la visione della prima scena, seppi anche che poteva solo essere ambientata durante la Seconda Guerra, e che quel momento in particolare era accaduto a Monaco di Baviera: a conferma della mia ipotesi sul fatto che siano le storie a scegliere l’autore, studiando per il libro scoprii anche cos’era la Notte dei Cristalli e quando e dove era avvenuta; non appena lessi su quel fatto, capii che quella primissima scena era avvenuta proprio quella notte.
Riguardo ai luoghi, ne ho visitati solo alcuni. Sono stato spesso a Monaco (città che mi piace tantissimo), e sono stato a Dachau il primo anno di liceo. Entrare lì è stata un’esperienza intensa, perché l’energia tetra e cupa di quel campo mi è rimasta dentro e non mi ha più abbandonato.

8. Quali sono i tuoi autori preferiti? Hanno influenzato in qualche modo il tuo modo di scrivere?
Sono un grande fan di Dan Brown, adoro lo stile di Paul Hoffman nella trilogia fantasy de “La Mano Sinistra di Dio”, e sono un appassionato di George R. R. Martin. Adoro i libri di Matilde Asensi, e mi piace molto anche Edgar Allan Poe.
Tuttavia, a regnare sovrano tra i miei scrittori preferiti è sempre e solo un autore: Stephen King. Penso che sia uno dei più grandi autori del nostro tempo e non solo, e per me lui ha un talento inarrivabile ed è sempre stato la stella polare della mia carriera letteraria. Se un giorno potrò stringergli la mano e farci una chiacchierata avrò realizzato un sogno.
Riguardo alle influenze, è impossibile che non ce ne siano e non saprei dirti quali aspetti della mia scrittura riguardino. Ma posso dirti che, se avendo letto il libro e sentendo questa risposta anche tu non sai dirmi quali siano esattamente le mie influenze letterarie, sarò riuscito nella mia missione. Mi spiego: chi scrive non può non leggere, perché leggere serve a creare gli strumenti per scrivere, ma allo stesso tempo l’autore o l’autrice hanno il compito di trovare una propria voce che sia unica ed inimitabile.

9. La tua famiglia ti supporta nel mestiere di scrittore?
Si, mi supportano adesso e lo hanno sempre fatto, ed io mi ritengo molto fortunato ad aver avuto genitori che hanno creduto in me. Anche la mia partner crede nel mio lavoro e nel mio potenziale, quindi direi che non posso lamentarmi!

10. A quando il prossimo romanzo? Tratterai un genere diverso o ti focalizzerai ancora su questo?
A breve, spero. Ho già pronto un romanzo di fantascienza, ma risale a qualche anno fa ed inizio a sentire quella voglia assillante di scrivere.
Il genere del prossimo romanzo dipende da come andrà questo romanzo: se i lettori volessero immediatamente qualcosa di collegato ad Aquila Ebrea, ho in mente uno “spin-off” con Josef detto l’Ungaro, un membro delle SS realmente esistito che i lettori troveranno nel romanzo e che tu hai ovviamente già incontrato; se invece i lettori mi chiedessero qualcosa di diverso, ho in mente un fantasy… ma di questo non rivelerò molto, almeno per ora.

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