Buongiorno lettori, in occasione del blog tour dedicato a Come anima mai di Rossana Soldano edito Hope Edizioni ospitiamo la tappa dell'intervista all'autrice. Venite a scoprirne di più.
1. Da quando hai cominciato a scrivere? Hai sempre avuto questa passione per la scrittura?
Ho iniziato a scrivere a sei anni, come tutti, anzi, cinque e mezzo perché ho fatto la primina...
Più che per la scrittura ho sempre avuto passione per le storie. Sono figlia unica e le voci dei pupazzi dovevo farle tutte io, poi ci prendi gusto. Arriva un momento in cui con i pupazzi non puoi più giocare e ti ricordi che a sei anni hai imparato a scrivere e inizi a considerarla una suggestiva alternativa. Per alcuni scrivere è un modo per risparmiare sulla terapia, io scrivo perché non sono mai cresciuta. Non ci sono arrivata da sola a questa conclusione, me l'ha suggerita il terapista.
2. Com'è nata l’idea per il romanzo?
Come nascono quasi tutti i romanzi, dal desiderio di plasmare verità che non conosciamo e dominarle.
Quello che rende così affascinante l'essere uno scrittore credo sia questo tipo di illusione, si gioca a fare Dio mischiando la realtà che ci circonda. Osservi, sei incuriosito e quando non riesci a comprendere, inventi. È un'urgenza. Al contrario di quanto si favoleggia, è questa la parte in cui l'ispirazione cambia il destino di una storia. Il resto, la scrittura, è la parte più artigianale.
3. Come hai costruito il personaggio di Lewis e William? C’è qualcosa di te stessa che hai voluto inserire nella storia?
I personaggi di Lewis e William sono tratteggiati su persone reali, a cui poi naturalmente ho aggiunto dettagli e caratterizzazioni che vengono principalmente da me e dalle mie numerose personalità, e in qualche spicciolo da persone che hanno in qualche modo fatto parte della mia vita. Ma ho fatto questo giochino con più personaggi della storia. A voler essere più chiara, nella storia ci sono anche io, il personaggio ha le mie iniziali, ci sono i miei genitori, un paio di ragazzi che conosco, aneddoti che mi sono stati raccontati da amici, situazioni accadute realmente a me o a persone che conosco. Si scava tanto per scrivere un romanzo così lungo. Ma tanto.
4. Perché hai scelto di parlare di un amore così proibito in un’epoca storica che lo rende ancora più illecito?
Perché la felicità degli altri non interessa a nessuno. La felicità non crea empatia. È solo una promessa, a volte mantenuta, a volte no, di qualcosa che accadrà a fine romanzo. Noi stessi facciamo fatica a riconoscere la felicità, come pensiamo di poterla vivere sugli altri. Il dolore no, il dolore è similitudine, ci fa vibrare, è ciò che rende la letteratura una consolazione, un “riparo” come direbbe Erri De Luca.
5. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere dal tuo romanzo? E cosa vorresti che scaturisse nel lettore?
Questo non sta a me dirlo. Io sono una scrittrice, il mio compito è suggerire domande, non dare risposte. E non si può scegliere che reazione avere da un lettore, ognuno di noi è diverso, ognuno di noi è colpito da aspetti differenti. E, anzi, è proprio qui che nasce il vero scambio tra autore e lettore. Nel momento in cui io scopro le diverse esperienze cognitive di chi legge, sono io che sono aperta a qualsiasi reazione, ne sono ingorda.
6. Qual è stata la parte del romanzo più difficile da scrivere e perché?
Non scrivere. Riscrivere. La parte più difficile è stato l'editing. Mettersi in discussione, non essere più la sola a scegliere. Vedere come il tuo lavoro viene vivisezionato e poi rimesso insieme chirurgicamente. È intenso, interessante e appagante, però; impari molto sulla tua scrittura e non solo, arricchisce.
7. Quali sono i tuoi autori preferiti? Hanno influenzato in qualche modo il tuo modo di scrivere?
Mah. Io ho letto un po' nella mia vita. Baricco, De Luca, Fante, le Bronte, Montanelli, Kundera, Schmitt, Garcìa Marquez, tanto per fare alcuni nomi noti, ma se questi nomi hanno influenzato il mio modo di scrivere l'hanno fatto male e senza che io me ne rendessi conto. Perché se ami davvero uno scrittore l'emulazione è il modo peggiore di dimostrarlo. Quello che credo mi abbia influenzato di più sono i romanzi brutti. Non quelli che non mi sono piaciuti, perché quello è gusto personale, ma quelli scritti proprio male, quelli da cui non puoi prendere nulla, quelli ammiccanti, quelli vuoti. Si impara molto dai romanzi scritti male.
8. La tua famiglia ti supporta nel mestiere di scrittore?
Il rapporto di mia madre con questo romanzo si riassume in una frase detta giorni fa al telefono a una parente: “Rossana deve andare a Torino, perché forse ha scritto un libro.” E il suo supporto in una frase lapidaria della scorsa estate: “Li puoi anche scrivere i libri, ma se non li vendi...” È una scettica mia madre. Diciamo.
9. A quando il prossimo romanzo? Tratterai un genere diverso o ti focalizzerai ancora su quello storico?
Con i miei tempi di scrittura, anche il 2019 sarà periodo storico quando uscirà il prossimo romanzo.
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