Buon pomeriggio lettori, Lara ci parla de Il bambino che non poteva amare, il romanzo di narrativa storica di Federica D'Ascani uscito oggi con Triskell Edizioni. Un libro vero e toccante, una storia scritta con amore che ridona dignità e memoria a chi è stato perseguitato e dimenticato.
TITOLO: Il bambino che non poteva amare
SERIE: autoconclusivo
AUTORE: Federica D'Ascani
DATA D’USCITA: 20 Maggio 2019
EDITORE: Triskell Edizioni
GENERE: narrativa storica
NARRAZIONE: pov alternati in terza persona
AMBIENTAZIONE: Roma 1946
FINALE: no cliffhanger
PROTAGONISTA: Paolo, bambino con la sindrome di Down.
TRAMA
Quando Teresa partorisce e sente per la prima volta il pianto di suo figlio pensa che non possa esserci gioia più grande di quella che sta vivendo: Libero, suo marito, è in una stanza a pochi passi e Paolo, il suo piccolo appena nato, a un soffio. Ma il tempo passa e nessuno, in sala, la degna di uno sguardo. C'è qualcosa che non va. E poi la sentenza: suo figlio è morto, suo figlio è deforme, suo figlio non merita neanche di essere visto. La vita di Teresa diventa il fulcro dell'Inferno in una manciata di secondi, e tutta l'allegria provata fino a quel momento scema per lasciare posto a un vuoto incolmabile. Ma Teresa non sa la verità: Paolo è vivo, Paolo è in buona salute, Paolo ha la sindrome di Down ed è stato appena mandato in manicomio.
C'è stato un tempo in cui nascere diversi era un modo come un altro per non esistere, un tempo in cui bambini e adulti, se pazzi o anormali, venivano semplicemente dimenticati.
RECENSIONE
“In quel momento il bambino esclamò un breve suono, come a voler sottolineare la propria presenza nel mondo, e ogni altra cosa perse d’importanza.”
Quando ho scelto questa storia per scriverne la recensione è stato perché la cover e il titolo mi avevano suscitato un qualcosa di evocativo che non si può ben spiegare, un richiamo ecco. Poi la trama ha innescato una curiosità viscerale in me, risvegliando il ricordo di un'esperienza giovanile quando ho frequentato dei centri specializzati di ippoterapia dove ho conosciuto tante vite, ascoltato tante storie che mi hanno riempito il cuore.
Ero pronta ad affrontare una lettura difficile, triste anche angosciante ed invece posso dire che ho trovato una storia di grande amore, una storia che racconta la realtà di un'epoca non così tanto lontana ma raccontata con una grande delicatezza e un grande rispetto, senza estremismi o enfatizzazioni atti a sconvolgere, suscitare obbligatoriamente emozioni forti, senza essere morbosa. Una storia atta a raccontarci una verità a volte ignorata, altre dimenticata, una storia in cui ogni lettore è libero di sentire, empatizzare e imparare in misura alla propria sensibilità o percezione e questo: ai miei occhi, è il più grande pregio di un'autrice. Il bambino che non sapeva amare ha un'evoluzione narrativa che parte dal 1951 presentandoci Mara, una donna che ha rinunciato al suo passato, ai suoi affetti e alla propria felicità per una missione, per un amore verso un bambino che ha sentito e vissuto come se fosse suo, per tornare indietro a cinque anni prima, nel 1946 a Roma, dove viene alla luce una vita innocente, diversa agli occhi di tutti, non degna di vivere, rinchiusa in un manicomio perché è un abominio non voluto dal Signore, inutile per la società, utile per le menti perverse di medici che si pongono al di sopra di tutti, persino di Dio. Da qui inizia una storia che coinvolgerà tanti personaggi, tante vite diverse in un periodo piegato dalle guerre passate, soggiogato ed ancora influenzato da leggi naziste atroci, un periodo di povertà e sopravvivenza, di ignoranza, follia e misoginia, dove la donna non vale nulla, dove è lei l'unica responsabile se partorisce 'abomini’. Lei è l'unica da rinchiudere o sterilizzare, la donna che non dovrebbe studiare non avendo l'intelligenza di un uomo, dove chi è 'non normale’ subisce le più crudeli e feroci sevizie, senza morale o empatia, con odio e crudeltà. L'autrice ha uno stile diretto, pulito, bello e riflessivo, a tratti semplice come lo sono i sentimenti dei tanti protagonisti che conosciamo intimamente attraverso i vari punti di vista alternati, armonizzati perfettamente tra loro durante la storia. I diversi punti di vista ci raccontano tante vite differenti, tante storie all'interno di quella principale: viviamo il dolore di una madre che non ha avuto un'infanzia felice, il senso di colpa di un padre non ancora forte e maturo, la semplicità di una coppia di nonni poveri di soldi ma ricchi di dignità dei sentimenti, la cattiveria e follia dei medici, l'odio e freddezza di donne di chiesa, il coraggio e speranza di un'infermiera con il suo cuore colmo di carità ed empatia, il sacrificio e amore grande di una dottoressa, il sorriso semplice e placido di Paolo con i suoi occhi dalla forma allungata, il dolore muto del ragazzo del posto quarantasette. Questa è una storia che ne racchiude tante altre, grazie a essa ho conosciuto realtà che ignoravo, ho provato rabbia, tanta sicuramente, mi sono commossa e ho sperato, ho sofferto ma anche gioito con la stessa semplicità del cuore di Mara, Sara, Teresa, Libero, Bartolo, ho amato Paolo e il ragazzo del letto quarantasette bambini che possono amare. Vi consiglio questa lettura perché è un tributo fatto con tanto amore, apre gli occhi ed il cuore, dona consapevolezza e soprattutto fa riflettere e sensibilizzare. Tutti possono amare e tutti sono degni di essere amati.
Lara
Ero pronta ad affrontare una lettura difficile, triste anche angosciante ed invece posso dire che ho trovato una storia di grande amore, una storia che racconta la realtà di un'epoca non così tanto lontana ma raccontata con una grande delicatezza e un grande rispetto, senza estremismi o enfatizzazioni atti a sconvolgere, suscitare obbligatoriamente emozioni forti, senza essere morbosa. Una storia atta a raccontarci una verità a volte ignorata, altre dimenticata, una storia in cui ogni lettore è libero di sentire, empatizzare e imparare in misura alla propria sensibilità o percezione e questo: ai miei occhi, è il più grande pregio di un'autrice. Il bambino che non sapeva amare ha un'evoluzione narrativa che parte dal 1951 presentandoci Mara, una donna che ha rinunciato al suo passato, ai suoi affetti e alla propria felicità per una missione, per un amore verso un bambino che ha sentito e vissuto come se fosse suo, per tornare indietro a cinque anni prima, nel 1946 a Roma, dove viene alla luce una vita innocente, diversa agli occhi di tutti, non degna di vivere, rinchiusa in un manicomio perché è un abominio non voluto dal Signore, inutile per la società, utile per le menti perverse di medici che si pongono al di sopra di tutti, persino di Dio. Da qui inizia una storia che coinvolgerà tanti personaggi, tante vite diverse in un periodo piegato dalle guerre passate, soggiogato ed ancora influenzato da leggi naziste atroci, un periodo di povertà e sopravvivenza, di ignoranza, follia e misoginia, dove la donna non vale nulla, dove è lei l'unica responsabile se partorisce 'abomini’. Lei è l'unica da rinchiudere o sterilizzare, la donna che non dovrebbe studiare non avendo l'intelligenza di un uomo, dove chi è 'non normale’ subisce le più crudeli e feroci sevizie, senza morale o empatia, con odio e crudeltà. L'autrice ha uno stile diretto, pulito, bello e riflessivo, a tratti semplice come lo sono i sentimenti dei tanti protagonisti che conosciamo intimamente attraverso i vari punti di vista alternati, armonizzati perfettamente tra loro durante la storia. I diversi punti di vista ci raccontano tante vite differenti, tante storie all'interno di quella principale: viviamo il dolore di una madre che non ha avuto un'infanzia felice, il senso di colpa di un padre non ancora forte e maturo, la semplicità di una coppia di nonni poveri di soldi ma ricchi di dignità dei sentimenti, la cattiveria e follia dei medici, l'odio e freddezza di donne di chiesa, il coraggio e speranza di un'infermiera con il suo cuore colmo di carità ed empatia, il sacrificio e amore grande di una dottoressa, il sorriso semplice e placido di Paolo con i suoi occhi dalla forma allungata, il dolore muto del ragazzo del posto quarantasette. Questa è una storia che ne racchiude tante altre, grazie a essa ho conosciuto realtà che ignoravo, ho provato rabbia, tanta sicuramente, mi sono commossa e ho sperato, ho sofferto ma anche gioito con la stessa semplicità del cuore di Mara, Sara, Teresa, Libero, Bartolo, ho amato Paolo e il ragazzo del letto quarantasette bambini che possono amare. Vi consiglio questa lettura perché è un tributo fatto con tanto amore, apre gli occhi ed il cuore, dona consapevolezza e soprattutto fa riflettere e sensibilizzare. Tutti possono amare e tutti sono degni di essere amati.
Lara
In una parola: grazie. Il fatto di essere letta da chi determinate realtà le conosce, da chi sa quanto le emozioni provate ed espresse dai nostri ragazzi speciali siano pure e perfette, ed essere anche apprezzata... be', non ha prezzo. Sul serio. Grazie di cuore.
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