TITOLO: Caffè
SERIE: no serie, autoconclusivo
AUTORE: Laura Campiglio
DATA D’USCITA: 5 Maggio 2020
EDITORE: Mondadori
GENERE: narrativa femminile
AMBIENTAZIONE: Italia
FINALE: no cliffhanger
PROTAGONISTA: Anna, giornalista trentacinquenne.
TRAMA
Raffaella
TRAMA
Svoltati i trentacinque, Anna Naldini ha la sensazione di ritrovarsi dalla parte sbagliata della trentina: quella in cui la sbornia diventa dura da smaltire, ma soprattutto quella in cui dai progetti è ora di passare ai bilanci. Ma c'è di peggio. Nel giorno del suo compleanno perde la più importante tra le otto collaborazioni precarie di cui si fregiava il suo barocco curriculum: il lavoro di reporter per "La Locomotiva", il quotidiano di sinistra per antonomasia. Non si scoraggia, e dopo la sbronza di rito è pronta a rimettersi in gioco dal tavolino del Caffè Voltaire, il suo bar di riferimento. Sarà il giornale più a destra del Paese, "I Probi Viri", a proporle di seguire una campagna elettorale che si preannuncia agguerritissima dopo l'improvvisa caduta del governo. Perfetto, se non fosse che "La Locomotiva" la richiama: ad Anna non resta che celarsi dietro due pseudonimi - Voltaire e Rousseau - e gettarsi nell'agone politico, prestandosi a un doppio gioco in cui vero e falso si confondono sempre di più. Nell'epoca della post-verità, si può scrivere tutto e il contrario di tutto sperando di uscirne indenni? Tra slogan elettorali, scorrettezze di bassa lega e fake news (con l'aggravante di un inatteso incontro romantico), Anna si renderà conto che fare la cosa giusta non è facile come sembra. E pensare che tutto è iniziato con un innocuo motivetto francese sugli illuministi, Voltaire e Rousseau appunto, che il nonno Pietro da Lomello, un vecchio saggio pragmatico e ironico, le cantava quand'era piccola... Una commedia fresca e incalzante, brillante e attuale, che coniuga un riuscitissimo ritratto generazionale al racconto informato di una campagna elettorale perfettamente calata nel presente.
RECENSIONE
Caffè Voltaire è un romanzo di narrativa femminile accattivante e spensierato, che ci regala sorrisi e insegnamenti. Il tema principale è quello della politica, un argomento assai ostico, che non viene quasi mai trattato nei romanzi di narrativa e che qui l’autrice utilizza per raccontare la scena politica odierna con toni acuti e ironici. Protagonista della storia è Anna Naldini, una giornalista trentacinquenne che per mantenersi è costretta a svolgere otto lavori fin quando non accetta di lavorare per due agenzie quotidiani opposti, uno di destra e l’altro di sinistra, e di celarsi dietro gli pseudonimi di due famosi esponenti dell’Illuminismo, Voltaire e Rousseau, per firmare i suoi articoli. L’autrice è abile nel rappresentare l’affresco della realtà odierna fatta di lavoro precario che possiamo capire appieno e in cui tutti possiamo immedesimarci e nell'evidenziare le difficoltà a creare basi importanti per il proprio futuro. Seguiamo così le avventure e le disavventure di questa protagonista sopra le righe che ci fa appassionare alla sua storia e ai suoi articoli sarcastici e taglienti, che ci regala una notevole riflessione sulla realtà e sulla finzione e che mette a confronto due fazioni opposte che rivendicano lo stesso posto fino ad escludersi a vicenda. Anna è la protagonista principale della storia e intorno a lei ruotano altri personaggi secondari come le sue amiche Jacaranda e Federica, i direttori dei giornali Arno e Berta, il primo di sinistra e l’altra di destra e il suo amato nonno Pietro che le elargisce consigli saggi. Tutti personaggi ben caratterizzati che impreziosiscono la cornice. In secondo piano troviamo anche un pizzico di romance che occupa una piccola parte dell’intera storia e che non è molto importante ai fini della storia. Insomma, se avete voglia di leggere una storia leggera e spensierata estremamente attuale, scritta con un linguaggio diretto, definito e sfrenato vi consiglio assolutamente di leggere Caffè Voltaire.
Raffaella
MINI INTERVISTA ALL'AUTRICE
1. Com’è nata l’idea per questo romanzo incentrato sul tema della politica?
L’idea di partenza è che non esiste la verità ma solo il resoconto: nel momento in cui raccontiamo una storia – che sia una storia di attualità, la nostra storia personale o anche una storia puramente finzionale – in gioco non c’è la realtà in quanto tale, ma la rappresentazione di quella realtà. È un meccanismo umano, ineluttabile, al centro dell’azione stessa del raccontare. Mi sembrava che per indagare questo meccanismo lo spazio pubblico fosse un terreno di gioco più efficace di quello privato. E allora, in questa dialettica tra realtà e rappresentazione, ho preso la realtà dell’attualità e la rappresentazione del punto di vista ideologico, della fazione politica. La campagna elettorale, un momento particolarissimo e per molti versi patologico della politica, mi è sembrata la cornice ideale: in campagna elettorale, se ci pensi, tutti noi mettiamo già in conto che da ambo le parti arriveranno un bel po’ di bugie, colpi bassi, promesse irrealizzabili. Per questo dico che è un momento patologico: la verità viene momentaneamente accantonata, l’opinione pubblica lo sa benissimo e in qualche modo lo accetta.
2. Nel romanzo, la protagonista Anna scrive articoli per il quotidiano “La Locomotiva” celandosi dietro gli pseudonimi di Voltaire e Rousseau. Come e perché ha scelto questi due pseudonimi per Anna? Lei può definirsi un’appassionata di filosofia o delle opere di uno e di entrambi i due esponenti dell’Illuminismo, opposti sia nel carattere che nello stile?
Trovandosi a dover scrivere contemporaneamente sia per il giornale più a destra del Paese che per quello più a sinistra del Paese, Anna deve per forza celarsi dietro a due pseudonimi, o i direttori dei quotidiani scoprirebbero subito il suo doppio gioco. La scelta ricade su Voltaire e Rousseau in maniera casuale: il nonno di Anna le ripeteva sempre una vecchia canzone popolare francese (che poi si rivelerà importante anche per altri motivi) proprio su Voltaire e Rousseau, e Anna, che spesso canticchia tra sé il motivetto-tormentone, “spara” di due primi nomi che le vengono in mente. Nei miei studi ho incontrato gli illuministi (soprattutto Rousseau) solo nell'esame di filosofia politica, non sono quindi particolarmente ferrata sull'Illuminismo francese. Ma ho avuto un consulente prezioso: il mio ex marito, che è francese e insegna filosofia. Spero di non aver fatto pasticci, se sì, è colpa sua.
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