Buongiorno, in occasione del blog tour de Il duca e io di Julia Quinn edito Mondadori vi parliamo del matrimonio in epoca regency. Sapete come si svolge e qual è l'etichetta da rispettare?
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1 Settembre 2020
TITOLO: Il duca e io
TITOLO ORIGINALE: The Duke and I
SERIE: #1 Bridgertons
TITOLO ORIGINALE: The Duke and I
SERIE: #1 Bridgertons
AUTORE: Julia Quinn
GENERE: romance storico
EDITORE: Mondadori
TRAMA
L'anello
Il banchetto
Londra, 1813. Simon Arthur Henry Fitzranulph Basset, nuovo duca di Hastings ed erede di uno dei titoli più antichi e prestigiosi d'Inghilterra, è uno scapolo assai desiderato.
A dire il vero, è letteralmente perseguitato da schiere di madri dell'alta società che farebbero di tutto pur di combinare un buon matrimonio per le loro fanciulle in età da marito.
E Simon, sempre alquanto riluttante, è in cima alla lista dei loro interessi.
Anche la madre di Daphne Bridgerton è indaffaratissima e intende trovare il marito perfetto per la maggiore delle sue figlie femmine, che ha già debuttato in società da un paio d'anni e che rischia di rimanere - Dio non voglia! - zitella.
Assillati ciascuno a suo modo dalle ferree leggi del "mercato matrimoniale", Daphne e Simon, vecchio amico di suo fratello Anthony, escogitano un piano: si fingeranno fidanzati e così saranno lasciati finalmente in pace.
Ciò che non hanno messo in conto è che, ballo dopo ballo, conversazione dopo conversazione, ricordarsi che quanto li lega è solo finzione diventerà sempre più difficile. Quella che era iniziata come una recita sembra proprio trasformarsi in realtà.
Una realtà tremendamente ricca di passione e coinvolgimento…
IL MATRIMONIO IN EPOCA REGENCY
In epoca regency il matrimonio era considerato un affare di famiglia e subiva le influenze dell’epoca vittoriana. La sposa non aveva schiere di damigelle ma era accompagnata dalle sorelle più giovani o dalle cugine. Lo sposo aveva il proprio 'best man' (il compare d'anello), c'erano i testimoni di rito, i genitori degli sposi e i parenti più prossimi.
L'abito da sposa
L’abito da sposa era in questo caso formato da una sopravveste di sottile lamé d’argento, ricamato in basso con lama d’argento in conchiglie e fiori. Corpetto e maniche erano elegantemente rifinite con pizzo di Bruxelles. Il manteau era di tessuto d’argento foderato di raso bianco, con un bordo ricamato come il vestito, e fissato nella parte anteriore con uno splendido diamante ornamento.
I vestiti da sposa Regency non erano necessariamente bianchi, moda vittoriana, ma comunque venivano preferiti colori pastello, ma anche blu. Pizzi e ricami arricchivano quello che poi restava l’abito migliore della giovane sposa e veniva riutilizzato nelle grandi occasioni.
Le acconciature non prevedevano, a quanto pare, un velo come lo pensiamo oggi, ma erano più sovente cappellini acconciature arricchite da fiori e gioielli, a volte accompagnati da un velo di pizzo.
Il bouquet, d’obbligo solo dall'epoca vittoriana, era spesso presente, perché faceva parte di una tradizione molto antica.
Fiori erano anche nelle mani e nei capelli delle damigelle, al occhiello dello sposo e talvolta lanciati davanti agli sposi.
La sposa indossava anche scarpe particolarmente eleganti, sovente di raso: anche queste entravano poi nell'abbigliamento di gala.
La cerimonia di nozze
Come già precedentemente affermato, la cerimonia di nozze poteva essere prevista sia in chiesa che in casa della sposa, o comunque dove si sceglieva di avere poi il piccolo ricevimento o rinfresco di festeggiamento.
Sebbene questa distinzione esistesse da sempre ed esista tuttora, si calcola che quasi la totalità dei matrimoni fosse celebrata in chiesa, che poteva essere quella frequentata dalla sposa e dalla sua famiglia, oppure quella visitata se per caso il matrimonio era celebrato in città o in luoghi differenti dalla propria residenza.
La maggior parte dei matrimoni dovevano svolgersi entro la mattinata, dalle otto a mezzogiorno. Il ricevimento dopo la cerimonia a mezzogiorno viene ancora chiamato colazione, questo perché in Inghilterra la colazione era, all'epoca, quello che per noi sarebbe in pranzo. La cerimonia in chiesa era celebrata da un ecclesiastico della chiesa anglicana, costui usualmente era il parroco della ragazza (per matrimoni cattolici, di solito il suo confessore perché, ricordiamo, nella dottrina anglicana non esiste il Sacramento della confessione), salvo mancata disponibilità dello stesso.
Nel caso lo sposo insistesse perché fosse il pastore di famiglia a celebrare la cerimonia, allora il parroco di lei poteva assistere alla funzione. La cerimonia era molto semplice, e comprendeva un formulario preso dal libro delle preghiere Book of Common Prayer, rimasta invariata dal 1662 ad oggi. Seguiva la famosa formula di dichiarare l’esistenza di impedimenti alle nozze (in pratica veniva proclamata una pubblicazione). Dopo una piccola pausa di silenzio finalmente gli sposi venivano chiamati a scambiarsi le promesse, come ancora oggi accade.
L'ingresso in Chiesa
La prima regola, inviolabile, era che i primi a percorrere la navata quando tutti gli ospiti erano ormai seduti, fossero il testimone dello sposo e la prima damigella della sposa. I due dovevano procedere lentamente [più per scena che per altro].
Arrivati in fondo, la damigella e il testimone si aprivano sui due lati: lei a sinistra e lui a destra, attendendo l'arrivo degli sposi.
Sul seguito ci sono diversi comportamenti: nel caso ci fossero altre damigelle oltre a quella che avrebbe fatto anche da testimone, allora queste avrebbero seguito la prima, che faceva da capofila, ciascuna appaiata con un paggetto. Ciascuna damigella si sarebbe disposta al fianco della prima damigella, in ordine decrescente d'importanza, analogamente avrebbero fatto i paggetti, in questo modo si sarebbe avuta la caratteristica forma a conchiglia in attesa.
Dopo tutte le damigelle e i paggetti entrava lo sposo con al braccio la madre della sposa o, nel caso questa non potesse essere presente, dall sua madrina o dalla tutrice.
Seguivano il padre della sposa con la sposa al braccio.
Arrivati all'altare, mentre i due genitori si fermavano, la sposa procedeva fino a prendere il suo posto alla sinistra dello sposo.
All'ingresso degli sposi nella chiesa, le campane suonavano a festa e a lungo, non solo per attirare la popolazione e portarla a conoscenza del matrimonio, ma anche per spaventare gli spiriti maligni, che si sarebbero allontanati dalla coppia, concedendogli una giornata serena e non ammorbando la loro futura esistenza con la loro presenza.
La vera matrimoniale dei due sposi era di solito costituita da una fascetta di oro senza particolari decorazioni o pietre incastonate; all'interno della fede erano incise le iniziali dei due sposi e la data di matrimonio così come usa ancora oggi.
Era costume che, arrivati all'altare e posizionati i due sposi, questi togliessero il guanto della mano destra [i guanti erano presenti in moltissimi aspetti della vita di due giovani, non come al giorno d'oggi, era quindi comune che anche lo sposo li indossasse].
Quando era presente lo scambio degli anelli, era compito della prima damigella rimuovere il guanto della mano sinistra della sposa, in modo che il marito potesse posizionare la vera.
La caduta dell'anello durante la cerimonia, a differenza dei pregiudizi che ci giungono, non era simbolo di sfortuna, tutt'altro, essa era un augurio di felicità e indicava l'allontanamento definitivo dei demoni cattivi da quell'unione. La caduta non accidentale, ma procurata, invece, era un vile tentativo di ingannare il destino ed era di cattivo gusto.
L'anello andava rigorosamente infilato al terzo dito della mano sinistra.
Si procedeva quindi con lo scambio delle promesse e delle intenzioni matrimoniali, queste non andavano pronunciate né con troppo fervore né a voce troppo alta, poco male che gli spettatori delle ultime file non sentissero bene, lo scambio di promesse era un fatto intimo tra lo sposo, la sposa e i loro testimoni [come dice il nome, dovevano testimoniare che queste fossero fatte in totale libertà e senza coercizioni di sorta, oltre al fatto che fossero effettivamente state fatte].
Un'enfasi troppo accentuata a questo punto della cerimonia sarebbe stato grossolano e di cattivo gusto.
L'uscita dalla Chiesa
Terminata la celebrazione i due sposi uscivano dalla chiesa senza guardarsi a destra o a sinistra, era considerato di malaugurio cercare attorno visi noti tra i presenti.
I genitori degli sposi erano i primi a lasciare la chiesa, il testimone dello sposo l'ultimo e anche colui che avrebbe dovuto pagare il pastore per i suoi servizi, naturalmente con i soli degli sposi.
Il testimone doveva inoltre ritirare la licenza di matrimonio, ovvero il foglio che attestava l'effettivo avvenimento della cerimonia. Il foglio, bianco in origine, era compilato dall'ecclesiastico o dal magistrato che aveva officiato la celebrazione, ed era la prova della validità del matrimonio.
L'usanza di lanciare agli sposi il riso è una variazione del rito di nozze romano, che prevedeva che si lanciassero ai neosposi delle castagne o delle nocciole, questa tradizione si modificò nel corso del secoli fino a come la conosciamo noi; nell'epoca Vittoriana, comunque, persisteva l'usanza di tirare nocciole, ma anche riso, grano, mangime per uccelli o petali di fiori.
Quella di tirare cibo, come caramelle o confetti, era invece considerata un'abitudine deprecabile e di cattivo gusto, visto che il cibo andrà sprecato.
I due sposi lasciavano quindi la chiesa, a piedi, ma più spesso in carrozza insieme. A questo punto non sarebbe più stato considerato scandaloso che i due dividessero la stessa carrozza chiusa, cosa che invece era assolutamente fuori questione se lei fosse stata ancora nubile.
Il ricevimento
Come già spiegato, il ricevimento si svolgeva di solito a casa di lei. Non si trattava di un autentico banchetto luculliano come siamo abituati coi matrimoni moderni, dove dopo la cerimonia bisogna ancora sorbirsi tre o quattro ore di pranzo/cena a sfinimento, ma era piuttosto un piccolo rinfresco dove gli invitati si congratulavano con i novelli sposi e consumavano pietanze leggere.
Un angolo della casa era appositamente adibito allo scopo di far sistemare marito e moglie per ricevere le felicitazioni, quest'angolo era riccamente addobbato con nastri e fiori e rappresentava, di solito, la parte migliore della casa.
Qui si accomodavano lo sposo, la sposa e la sua damigella d'onore, che doveva aiutare la neomoglie nell'espletazione delle formalità. Non ridete del ruolo di questa donnina, dovete mettervi nei panni di una sposa, con un abito ancora più ingombrante del consueto, strizzata in un bustino da svenimento assicurato e circondata, più che dai parenti, da metri di gonna e crinolina. Oltre a loro, dai lati si sistemavano le altre damigelle e i paggetti, costoro dovevano aiutare i due sposi che per una buona parte del pomeriggio sarebbero rimasti seduti lì ad accettare auguri e festeggiamenti.
L'usanza dell'angolo di casa adibito ad "angolo di ricevimento degli sposi" è stata sostituita nel corso degli anni da una pergola di rose chiare, rosa o bianche, sotto cui si accomodavano i neosposi, ideale anche per le fotografie.
I primi a felicitarsi con i neosposi erano i genitori dei due, seguivano poi i familiari più intimi (fratelli, sorelle, cugini e relative consorti), poi i parenti più alla lontana ed infine conoscenti e amici.
La procedura prevedeva che ci si rivolgesse prima alla sposa e, successivamente, allo sposo.
I doni per il matrimonio potevano esserci come no; essi erano mandati da amici, parenti e conoscenti di entrambi gli sposi, ma la destinataria era sempre e solo la sposa, in particolare dei doni che avevano il nome del donatore segnato sopra o su un biglietto.
Personalità immancabili di un matrimonio vittoriano erano i cosiddetti uscieri, costoro non erano, come si può credere, dei servitori, bensì persone scelte tra amici e parenti degli sposi che per quel giorno si sarebbero preoccupati di fare gli onori di casa, avrebbero accolto gli ospiti sulla soglia, li avrebbero fatti accomodare, offerto loro qualcosa o chiamato la servitù perché potessero dissetarsi e rinfrescarsi e poi li avrebbero accompagnati dagli sposi.
Gli uscieri di un matrimonio erano contraddistinti da un bocciolo di rosa bianca appuntata sulla parte sinistra del vestito, essi potevano essere i testimoni degli sposi, la prima damigella o chiunque altro, magari scelto tra le damigelle ufficiali della ragazza, che poteva averne fino a cinque o sei.
Non solo a casa: gli uscieri si sarebbero occupati dell'organizzazione anche in chiesa, occupando le prime file di posti e indirizzando ciascun invitato alla propria panca designata.
Come detto, il ricevimento non era un banchetto, ma un buffet, spesso consumato in piedi, anche perché difficilmente in una casa si sarebbe riusciti a sistemare tavoli a sufficienza per tutti gli ospiti.
La parte migliore del ricevimento era la torta.
In epoca vittoriana le torte erano tre: una più grande e due più piccole. La ricetta era quella di una torta di frutta.
La torta più grande era tagliata a fette e consegnata agli ospiti perchè potessero portarsene a casa una fettina, mentre le altre due, una chiara ed una scura, erano consumate sul posto. La torta faceva un po' la funzione dei moderni confetti, che all'epoca erano dei dolcetti come i cioccolatini, non venivano regalati a chi era invitato al matrimonio.
Dentro alla torta erano spesso impastati diversi segni di buona fortuna per gli sposi, così che se fossero capitati proprio a loro sarebbe stato proprio un segno del destino.
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