martedì 20 ottobre 2020

BLOG TOUR "Come nascono gli incendi" di Michele Arena: COS'E' PORTO DELLE STORIE E INTERVISTA ALL'AUTORE

 



 

DATA DI PUBBLICAZIONE: 20 Ottobre 2020


TITOLO: Come nascono gli incendi

AUTORE: Michela Arena

GENERE: narrativa contemporanea
EDITORE: Mondadori

TRAMA

"Guardi fuori dalla tua camera e vedi palazzi identici al tuo. Li guardi e ti immagini che da un momento all'altro vedrai sbucare dietro una finestra una famiglia esattamente uguale alla tua. Sono felici, ancora uniti, nessuno è scappato via, e nel corpo di tua madre non ci sono cellule impazzite che la stanno uccidendo."
Peccato che quella famiglia non esista. E che, dal momento in cui tua madre, la stramba, dolce, arrabbiata Adele, pronuncia quella parola di sei lettere, tu ti senta perduto, come un biglietto dell'autobus dentro la tasca di un vecchio giubbotto messo via per l'estate. Perché tu lo sai già: quella parola è una bomba atomica che raderà al suolo quel poco che funzionava nella vostra vita e vi farà sentire tremendamente soli. Soprattutto te.

E non ti basterà dirti che quello che le sta accadendo potrebbe farti apparire più interessante agli occhi della gente, soprattutto delle ragazze. Non ti basterà avere accanto Rachele, la tua migliore amica e il tuo sogno più dolce, né Ismail, il fratello che nessuno vorrebbe e che tu hai scelto come migliore amico. Non basteranno nemmeno più le vostre serate al distributore di benzina ad ascoltare musica e a parlare di tutto e di niente. Perché le vostre insicurezze vi allontaneranno ogni giorno di più. Perché nessuno vi ha insegnato cosa sentire o dire in una situazione del genere. E allora non ti rimane altro che affrontarlo, il tuo incendio. E anche se spesso, dopo, non restano che macerie, forse stavolta, superato il dolore che ti sta facendo a pezzi il cuore, potresti anche scoprire che non sei mai stato davvero solo e che la tua, la vostra vita andrà avanti e avrà un senso, nonostante tutto.




INTERVISTA ALL'AUTORE


1. Com’è nata l’idea per “Come nascono gli incendi”? 

Dovrebbe essere una domanda semplice in realtà non so se c’è una vera idea alla base del racconto, ho iniziato a scriverlo pensando che parlasse di un ragazzo che si trova ad avere a che fare con la malattia della madre, ma poi nell'andare avanti sono arrivate altre storie e quella che era l’idea principale è diventata solo lo sfondo su cui si muovono cinque personaggi. Se questa domanda me l’avessero fatta un anno fa avrei detto che il libro parla d’incendi che nascono dalla solitudine, oggi direi che parla d’incendi che nascono da un amore, per una madre, per un amico, per una ragazza, per se stessi. Ma un amore che non viene riconosciuto da chi lo prova, che viene scambiato per rabbia, bisogno, paura o odio. Ecco, oggi penso che il libro non parli di solitudine ma di amori che lottano per essere riconosciuti, per non essere scambiati per qualcos’altro.


2. Come ha creato i personaggi della storia? C’è qualcosa di lei in loro? 

Sono tutti personaggi inventati nella loro interezza e sono tutti personaggi che esistono se divisi in piccole parti. In ognuno di loro c’è qualcosa di persone che ho incontrato nella mia vita, nel mio lavoro di educatore, protagonisti di altri libri o film. Xavier Dolan dice che per essere creativi bisogna rubare, penso che sia un processo che facciamo continuamente quando scriviamo o creiamo. Ci rifacciamo a qualcosa che abbiamo già visto o sentito e mentre lo facciamo però diventano personaggi nostri, ci finiamo dentro anche noi in qualche modo. 


3. Qual è stata la parte del romanzo più difficile da scrivere e perché? 

Mi verrebbe da dire la parte finale, perché è una parte intima e dolorosa, senza filtri. È una parte su cui sono saltate anche un po’ di regole e di schemi, le voci e i piani temporali si confondono, non hanno quasi più un ordine o una logica. Non si capisce bene a chi appartengono. Ma l’intimità in qualche modo per me è un po’ questo, confondersi in qualcun altro al punto da perdere dei confini che prima sembravano netti. Sentire quello che succede all’altra persona come se succedesse sulla tua pelle o dentro di te. In questo caso succede tra una madre e un figlio durante la malattia di lei. Non avrei saputo scriverla in altro modo e sono contento che in fase di editing sia rimasta così com’è uscita nella prima stesura.


4. Cosa vorrebbe che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il suo romanzo? 

È una storia in cui ci sono persone messe di fronte a qualcosa di doloroso e di fronte a questo dolore confondono il loro amore per altro. Rachele davanti al bipolarismo del padre non capisce più se lo ama o lo odia. Il protagonista davanti alle sofferenze della madre non sa più cosa desiderare. Penso che tutte le storie abbiano questo elemento in comune, questa incapacità di dare un nome alle proprie emozioni. 


5. Mi parli di “Porte delle Storie” e dell’importanza di questo progetto. 

Porto delle Storie è un luogo magico, come diceva Danilo Dolci, è un posto dove si cresce meglio perché si viene sognati. Mette intorno allo stesso tavolo chi ama scrivere e chi, per mille difficoltà, non riesce a farlo. Ma non è un semplice laboratorio, chiunque viene a scrivere con noi è uno scrittore vero e proprio, senza distinzioni di genere, età, paese di provenienza, gusti musicali o voti in pagella. Non facciamo lezioni di grammatica, cerchiamo di far innamorare della scrittura e della lettura chi rischia di non innamorarsene mai per condizioni economiche e sociali, per farlo abbiamo lavorato a un metodo che partisse dal concetto di non giudizio. L’idea di fondo è che la scrittura è un diritto che si lega a mille altri diritti. Se scrivi un libro, e se scrivendolo ti diverti e trovi qualcuno che sostiene le tue idee, forse poi scrivere sarà più facile, non per forza un altro libro, anche solo una lettera d’amore o una risposta per un’offerta di lavoro. 


6. Quali sono gli ingredienti che secondo lei non possono mancare in un buon romanzo? 

Avendo scritto un solo romanzo che ancora deve incontrare un pubblico mi sento veramente di rispondere solo da lettore. Quando leggo per me è fondamentale che dietro le parole, la costruzione di una trama, un’ambientazione o la scelta di un lessico ci sia prima di tutto un bisogno, quello di raccontare una storia. I libri che mi hanno preso di più da lettore sono quelli dove l’autore si è lasciato prendere la mano dal suo bisogno di raccontare, romanzi esagerati, dove la storia che l’autore voleva raccontare si è trascinata dietro un mondo intero. Penso a Molto forte incredibilmente vicino di Safran Foer ma anche La breve favolosa vita di Oscar Wao di Junut Diaz. 


7. Da quando ha cominciato a scrivere? Ha sempre avuto la passione per la scrittura? 

Sono stato uno di quelli che oggi sono chiamati ragazzi difficili, non credo di aver mai scritto bene, prendere una sufficienza a Italiano per me non è mai stato facile. Facevo molti errori grammaticali. La scrittura è stata spesso fonte di frustrazione. Ma ho sempre avuto la passione per le storie. Solo che ci ho messo anni a rimettere insieme l’amore per la narrazione con l’insofferenza che era nata in me per tutti i giudizi negativi ricevuti mentre cercavo d’imparare a scrivere. Sono serviti dei genitori non giudicanti, una professoressa d’italiano che mi disse che non mi avrebbe messo voti per un anno se avessi scritto qualcosa tutte le settimane e un bel po’ di anni e di letture e di film, infatti questo è il primo romanzo che ho scritto e arriva a 43 anni. 


8. A quando il prossimo romanzo? Tratterà un genere diverso o si focalizzerà ancora su questo?

Spero presto, probabilmente avrà tanti elementi in comune con questo ma forse è un po’ presto per dirlo.

Nessun commento:

Posta un commento