giovedì 21 novembre 2019

RECENSIONE "Le disavventure di Amos Barton" di George Eliot

Buon pomeriggio lettori, Raffaella ci parla de Le disavventure di Amos Barton, il primo romanzo breve di genere classico della raccolta Scene di vita clericale di George Eliot uscito oggi con Fazi Editore. Una storia molto profonda e abbastanza drammatica che alterna drammi e momenti di arguzia e umorismo.


TITOLO: Le disavventure di Amos Barton
TITOLO ORIGINALE: The Sad Fortunes of the Reverend Amos Barton
SERIE: #1 Scene di vita clericale
AUTORE: George Eliot
DATA D’USCITA: 21 Novembre 2019
EDITORE: Fazi Editore
GENERE: classico
AMBIENTAZIONE: Inghilterra
FINALE: no cliffhanger
PROTAGONISTI: Amos Barton, reverendo della chiesa anglicana di Shepperton.






TRAMA

Amos Barton è il nuovo parroco della chiesa di Shepperton, una cittadina della provincia inglese. Il reverendo è un uomo mite che cerca in ogni modo di far rispettare i dettami della Chiesa anglicana ai membri della sua comunità, ma il suo carisma inesistente, unito a una certa goffaggine, fa sì che non sia molto amato dai suoi concittadini. Inoltre la parrocchia di cui si occupa non è sufficiente al mantenimento della sua famiglia, che può tirare avanti solo grazie al caritatevole prodigarsi di qualche parrocchiano e all’instancabile Milly, la moglie del curato, che ha totalmente immolato la sua vita al bene del marito e dei sei figli. La situazione si complica ulteriormente quando la contessa Caroline Czerlaski si installa a casa Barton, portando con sé mille pretese e neppure un centesimo, suscitando disappunto in Milly e una morbosa curiosità in tutta la comunità di Shepperton. L’intera vita di Amos Barton trascorre fra continue cadute e momentanee risalite, fino all’arrivo della notizia peggiore di tutte, che lo farà precipitare nello sconforto, ma vedrà finalmente i parrocchiani stringersi intorno a lui, nonostante incarni «la quintessenza concentrata della mediocrità».

Primo dei tre romanzi brevi che compongono Scene di vita clericale, raccolta che ha fatto da modello alla letteratura realista inglese, Le disavventure di Amos Barton è una vivida raffigurazione della vita rurale inglese del Novecento, che racconta gli effetti della riforma religiosa attraverso lo sguardo ingenuo di un reverendo di provincia. Opera prima di una delle più importanti scrittrici britanniche, alla sua uscita ebbe un grande successo, generando l’interesse per l’identità dell’autore e portando così allo scoperto la scrittrice Mary Anne Evans.

RECENSIONE

Le opere classiche rappresentano da sempre il simbolo di un’epoca intramontabile che gli amanti di questo genere amano in modo incondizionato. Sapete bene quanto io adori leggere i classici ambientati in Inghilterra, una delle terre più belle di sempre con i suoi scenari mozzafiato e i suoi panorami che sembrano uscire dalle favole. Con Le disavventure di Amos Barton, primo racconto della raccolta Scene di vita clericale, mi sono innamorata della scrittura di George Eliot e ho conosciuto così un’autrice meritevole sotto ogni punto di vista.
L’autrice ci fa entrare direttamente nella storia attraverso il narratore onnisciente che parla direttamente al suo lettore, invitandolo ad entrare nella chiesa di Amos Barton e nelle dimore delle persone benestanti dell’epoca vittoriana e avvolgendolo in un’atmosfera di calore. Conosciamo Amos Barton, un uomo goffo e ingenuo, un reverendo della chiesa anglicana della cittadina di Shepperton che ama sua moglie Milly, dalla quale ha ben sei figli. La signora Barton rimane incinta di un settimo figlio ma le sue condizioni di salute si aggravano poiché il suo corpo dopo sei bambini non ha più la forza di portare avanti altre gravidanze. Nonostante le terribili tensioni finanziarie in cui si trovano, la famiglia Barton acconsente ad ospitare la contessa Caroline Czerlask con tutte le sue richieste. La contessa è una vedova che fa amicizia con i Barton a tal punto che la cittadina di Shepperton insinua che ella abbia una relazione con il reverendo. L’autrice è stata bravissima nel descrivere la facciata di rispetto degli abitanti della cittadina dietro la quale si nascondono maldicenze maligne e pettegolezzi infondati, sguardi astiosi e ipocrisia che possono danneggiare una famiglia intera. Amos Barton è sorprendente nella sua ordinarietà, è vanitoso, un po’ autoilluso ma è un uomo con un grande cuore a cui Eliot ci fa affezionare e preoccupare per le sorti della sua famiglia. Le disavventure di Amos Barton è una storia breve e semplice ma molto profonda nelle sue tragedie e nelle emozioni che trasmette. L’autrice ha creato un mondo e dei personaggi che sembrano reali, così meravigliosamente ben realizzati e nonostante abbia scritto una storia triste e abbastanza drammatica ci sono bei momenti di arguzia e umorismo. Un ringraziamento importante va alla Fazi Editore per aver portato in Italia questa piccola perla da custodire.


Raffaella






APPROFONDIMENTO: 
Conosciamo l'autrice e le sue opere

Mary Ann Evans, nota con lo pseudonimo maschile di George Eliot, è considerata una delle maggiori scrittrici del periodo vittoriano. Le tematiche filosofiche, la finezza psicologica e la profondità di pensiero che emergono dalla sua produzione letteraria non solo rivendicano per la scrittura femminile una dignità differente, ma anticipano il romanzo psicologico moderno, influenzando significativamente le opere di Henry James e Marcel Proust. Forse essere definita una grande scrittrice non le sarebbe piaciuto, data la sua aperta avversione nei confronti delle “colleghe” del periodo, quelle “sedicenti e sciocche romanziere” di cui ne deride la banalità degli argomenti trattati e le protagoniste, eleganti e mondane, che si dilettano a giocherellare con la cultura. Tuttavia, pur indulgendo in una profonda introspezione psicologica dei personaggi ritratti e affrontando tematiche differenti da quelle delle romanziere che affollano il panorama letterario inglese, George Eliot non si discosta molto dalla tradizionale narrativa. Prima scrittrice inglese a non porsi l’obiettivo primario di divertire, è particolarmente attratta da ogni stimolo culturale nuovo. A differenza di Jane Austen, in cui ciò che maggiormente conta affiora nella vivacità dei dialoghi, la grandezza di Eliot si riscontra in uno stile ricco di metafore, immagini e similitudini sorprendentemente originali che lasciano prefigurare i destini dei personaggi ritratti. Inoltre, e questo è forse l’aspetto più importante del suo stile, nei suoi romanzi è presente la sua voce narrante che sovente irrompe nell'azione per filosofare o esprimere opinioni su quello che sta succedendo.Un’altra peculiarità del suo stile è lo scrivere da una prospettiva umana a tutto tondo, descrivendo con chiarezza e sensibilità non comune il mondo reale così come lo percepisce e la vita nell'Inghilterra provinciale. Il suo è un realismo che sorge dalla ricerca artistica della verità, una verità basata sull'esperienza diretta del mondo. Un compito certamente non facile. Ed Eliot ne è consapevole. Ma è anche consapevole del fatto che l’esimersi dall'esprimere la vita nella sua complessità reale, assecondando i pregiudizi correnti e il gusto popolare, non può essere considerato moralmente accettabile. Il suo è dunque un realismo su base morale che si differenzia dal crudo realismo di Flaubert e dal naturalismo di Zola, ispirati principalmente da uno zelo scientifico per la precisione. La sua attenzione artistica sulle persone comuni e sugli eventi implica un’accettazione dell’imperfezione dell’altro, quasi un obbligo a percepire la bellezza anche in cose ed eventi di ordinaria quotidianità. Il suo realismo infatti include un intero modo di guardare il mondo accettando le persone così come sono, con umana comprensione.

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